Testo in italiano | English text Nomadi Afar - Etiopia
Strana storia quella dell’Auash, attraversa per 1200 chilometri l’Etiopia, dal monte Uorché, ad ovest di Addis Abeba, puntando vigoroso a nord verso il Golfo di Aden alle cui coste non giungerà mai. Le sue acque si perdono nella regione dell’Aussa, o per meglio dire quello che era il Sultanato di Aussa, conosciuto anche come il Sultanato degli Afar, ai confini con Gibuti. Tutto va bene sino a Semera ed alla ben più antica Asaita, la capitale dell’antico Sultanato. Qui arrivato il fiume si perde nelle sabbie della pianura alluvionale in un intricato reticoli di canali fino a terminare la sua corsa nel lago Abbe al confine tra Etiopia e Gibuti. E che l’Auash sia un fiume particolare lo testimoniano anche il gran numero di fossili di esseri umani che hanno abitato la valle dell'Auasc, fin dall'inizio della storia della nostra specie, un ritrovamento tra tutti quello dello scheletro di Lucy nel 1974, il più antico scheletro umano. E mentre pensi a tutto questo fa uno strano effetto vederli arrivare di lontano, guadando i canali con l’acqua sino alle ascelle, uomini e donne Afar con le loro mandrie dopo una giornata di pascolo nella pianura alluvionale del Grande Fiume. Gli Afar della Dancalia, in perenne andare in un paesaggio da fantascienza con una gran brutta fama! Viaggiatori, scrittori coloniali, avventurieri, ed adesso anche avventurosi turisti, hanno sempre scritto che questa terra è inospitale e pericolosa. Altrettanto dicono del popolo Afar, seminomadi che vagano con le loro burre, piccole capanne con armatura di rami ricoperte di stuoie, tra il delta interno dell’Auash e la fossa dancala, spaventoso deserto ove non sono rare le temperature di 40° l'inverno. Da secoli vivono di allevamento ed un minimo di agricoltura di sussistenza spostandosi secondo il ritmo dei loro animali, in un ambiente di rado ma esteso pascolo che qui dipendente dalle scarse precipitazioni locali e dalle periodiche alluvioni del fiume Auash, variabili di anno in anno e non più certe da quando il suo corso a monte è stato regolato da sbarramenti idroelettrici. E non bisogna dimenticare le concessioni a gruppi internazionali per vari tentativi di sviluppo di piantagioni di cotone e zucchero che per lo più hanno portato alla desertificazione dei terreni. Ma se qui tra i canali del delta interno dell’Auash la situazione non è facile, provate ad immaginare di seguire le piste che da Serdo scendono nella fossa, fino ad arrivare là dove la terra sprofonda per 140 metri sotto il mare. Attraversare un mare di roccia vulcanica, nel caldo, infernale, senza fine. Pianure sobbollenti di pietre color carbone che si alternano a campi di dune di sabbia, candide pianure di sale ed alti pinnacoli di depositi minerali. Non c'è alcun segno di vita, nemmeno una pianta. La vista è sterile, aliena, come in quelle fotografie che arrivano dal Pathfinder su Marte. E poi all’improvviso incontrare eleganti architetture di nera pietra lavica, tra flussi di lava parzialmente sepolti nell'argilla. Gli Afar, figli della lava, popolo nomade, non hanno costruito grandi insediamenti, non hanno eretto templi o santuari per l’Islam, la religione che professano, ma hanno sepoltoi loro morti sotto tumuli grandiosi. Come i nomadi Afar viaggiamo tra le sepolture dei loro avi, punti fissi per l’orientamento e siti per gli accampamenti stagionali. Dichoto, Abdallali, Waideddo, Kusrawad, Namagubi, Vaivedhom… Come è possibile la vita qui? In un ambiente che presenta difficoltà estreme, pascoli difficili se non impossibili, pochi pozzi nel deserto, per lo più di acqua salmastra. Alcune strutture di cemento abbandonate al degrado testimoniano dell’ennesimo progetto di cooperazione senza orizzonte, scuole e dispensari medici che hanno funzionato per il breve periodo in cui giovani maestri ed infermieri venuti dall’altopiano hanno sopportato il confinamento in questo nulla. Ma loro gli Afar restano in queste terre così difficili e dove è bene farsi una cattiva reputazione. Si è vero hanno un carattere brusco, scontrosi come si deve e fieri del loro kalashnikov, ma non sono feroci predoni del deserto, spietati come racconta la leggenda. Semplicemente provano faticosamente a ritagliarsi uno spazio in cui essere legittimati ad esistere! Lavoro realizzato tra il 2007 e il 2014
Afar nomads - Ethiopia
Strange history of Auash, its waters cross Ethiopia for 1200 kilometers, from Mount Uorché, west of Addis Ababa, to the north towards the Gulf of Aden where they will never reach. Its waters are lost in the Aussa region, which was the Sultanate of Aussa, also known as the Sultanate of Afar, on the border with Djibouti. Everything goes well until Semera and the much older Asaita, the capital of the ancient Sultanate. Here arrived the river is lost in the sands of the flood plain in an intricate network of canals and ends its run in Lake Abbe on the border between Ethiopia and Djibouti. And that the Auash is a particular river is also evidenced by the large number of fossils of human beings that have inhabited the Auasc valley since the beginning of the history of our species, the most important being that of Lucy's in 1974, the oldest human skeleton. And while you think about all this, it is a strange effect to see them coming from far away, wading the canals with water up to the armpits, men and women Afar with their herds after a day of grazing in the floodplain of the Great River. The Afar of Danakil, in perennial going in a science fiction landscape with a great bad reputation! Travelers, colonial writers, adventurers, and now also adventurous tourists, have always written that this land is inhospitable and dangerous. The same is said of the Afar people, semi-nomads who wander with their burra, small huts covered with mats, between the internal delta of the Auash and the Danakala pit, a frightful desert where temperatures of 40 ° are not rare in winter . For centuries they have lived on livestock and a minimum of subsistence agriculture moving according to the rhythm of their animals, in a pasture environment that depends on the scarce local rainfall and the periodic floods of the Auash river, variable from year to year and no longer certain since its upstream course was regulated by hydroelectric barriers. And we must not forget the various attempts to develop cotton and sugar plantations that mostly led to the desertification of the land. But if the situation is not easy here between the canals of the Auash delta, try to imagine following the tracks that descend from Serdo into the pit, until you get to where the land sinks 140 meters under the sea. Cross a sea of volcanic rock, in the hot, hellish, endless. Boiling plains of coal-colored stones that alternate with fields of sand dunes, white plains of salt and high pinnacles of mineral deposits. There is no sign of life, not even a plant. The view is sterile, alien, as in those photographs that come from Pathfinder to Mars. And then suddenly meet elegant architectures of black lava stone, between lava flows partially buried in clay. The Afar, sons of the lava, nomadic people, did not build large settlements, did not erect temples or shrines for Islam, the religion they profess, but buried their dead under grandiose mounds. Like the Afar nomads we travel between the burials of their ancestors, fixed points for orientation and sites for seasonal camps. Dichoto, Abdallali, Waideddo, Kusrawad, Namagubi, Vaivedhom ... How life is possible here? In an environment that presents extreme difficulties, impossible pastures, few wells in the desert, mostly brackish water. Some concrete structures abandoned to decay testify to the umpteenth cooperation project without horizon, schools and medical dispensaries that worked for the short period in which young teachers and nurses who came from the plateau endured confinement in this nothingness. But the Afar remain in these difficult lands, where it is good to have a bad reputation. It is true they have a brusque character, surly as they should be and proud of their Kalashnikov, but they are not ferocious desert raiders, as ruthless as the legend tells. They simply try to carve out a space in which to be legitimized to exist! Work done between 2007 and 2014
ITA - Informativa sui cookies • Questo sito internet utilizza la tecnologia dei cookies. Cliccando su 'Personalizza/Customize' accedi alla personalizzazione e alla informativa completa sul nostro utilizzo dei cookies. Cliccando su 'Rifiuta/Reject' acconsenti al solo utilizzo dei cookies tecnici. Cliccando su 'Accetta/Accept' acconsenti all'utilizzo dei cookies sia tecnici che di profilazione (se presenti).
ENG - Cookies policy • This website uses cookies technology. By clicking on 'Personalizza/Customize' you access the personalization and complete information on our use of cookies. By clicking on 'Rifiuta/Reject' you only consent to the use of technical cookies. By clicking on 'Accetta/Accept' you consent to the use of both technical cookies and profiling (if any).