LA CAMERA CHIARA
date » 01-06-2022 14:15
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LA CAMERA CHIARA
Qualche tempo fa un fotografo, per sua ammissione alle prime armi, per spiegarmi il proprio punto di vista sul “fare fotografia” ebbe a citarmi l'immenso Roland Barthes e il famoso volumetto "La Camera Chiara". Mi fece una dotta disquisizione tra il “mi piace e non mi piace”, studium & punctum e la convinzione ferrea che il suo linguaggio fotografico avesse scientifica universalità. Ora probabilmente il nostro non aveva idea che la Camera Chiara è il testo sulla fotografia più riassunto citato, schematizzato e frainteso nel bene e nel male, e questo, di per sé, è già abbastanza ironico se si pensa all’insistenza con cui il suo autore dichiarò di volersi liberare con questo testo dall’approccio sistematico, amorfo e disincarnato, tipico del metodo scientifico. Ora io ammetto la mia ignoranza di “fotografo di provincia”: la camera chiara non è proprio un testo facile, e posso dire in tutta onestà di non averlo ancora capito a fondo dopo 40 anni di riletture! Mai lo citerei! Acquistai la prima edizione del 1980, quella con la foto di Niepce in copertina, e poi avendo prestato il volume, preso da sgomento profondo, corsi ad acquistarne una seconda copia 5 edizione 1989. Ora sono lì a portata di mano i due volumetti che, nonostante le infinite riprese, celano ancora molti segreti. Perché vi racconto questo? Per darvi un modesto consiglio: se da profani volete approcciarvi alla fotografia, che è certamente un fenomeno intimo ed inseparabile dalla sua intensità emotiva, forse varrebbe anche la pena di leggere testi più facili e che sicuramente vi daranno modo di coniugare i fondamenti emotivi con quelli del linguaggio fotografica portando il vostro fare fotografia ad un livello superiore. Ed anche di evitare di citare “ad caxxum” Roland Barthes a ogni piè sospinto. Poi se proprio volete - dovete citare l'immenso Barthes leggetevi "Frammenti di un discorso amoroso" potreste riuscire ad apprendere il lessico dell'innamorato e farne un buon uso...
Due titoli
BRIAN DILG
Perché ti piace questa foto?
La scienza della percezione applicata alla fotografia.
Gribaudo
AUGUSTO PIERONI
Leggere la fotografia.
Osservazione e analisi delle immagini fotografiche
Edizioni Edup
photo:
nella medina della città Sacra
Harar, Ethiopia 2009
PIXEL PEEPER
date » 29-11-2017 13:22
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PIXEL PEEPER
Una fotografia vi ha impressionato e morite dalla voglia di vedere quali siano i parametri di represa e quelli di post produzione? Nessun problema ora queste domande hanno una risposta: grazie a Pixel Peeper. E' una semplice applicazione web che mostra quali sono le impostazioni della fotocamera e le impostazioni di esposizione utilizzate dal fotografo per scattare la foto specificata.Per i file modificati in Adobe Lightroom, sarete in grado di vedere quali modifiche sono state apportate per ottenere un determinato aspetto, a meno che l'autore non abbia deciso di non includere tali informazioni.Basterà semplicemente caricare un JPG sul sito web e avemo accesso a tutti i questi dati:
Macchina fotografica usata per scattare
Lente utilizzata
Ora dello scatto
Impostazioni di scatto (iso, diaframma, tempi, flash)
Lista delle modifiche apportate sull’immagine in post-produzione
Copyright
Tutto ciò vale per i file JPG: questi non contengono solamente i dati dell’immagine ma anche tutti questi dati EXIF. Una funzione meno conosciuta di Pixel Peeper è quella che permette di scaricare i parametri di postproduzione delle foto e usarli come preset di Lightroom. Per fare ciò si dovrà sottoscrivere un accaunt premium.
LA FABBRICA DEGLI STEREOTIPI
date » 05-07-2017 13:04
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LA FABBRICA DEGLI STEREOTIPI
L’avvento di internet e del digitale ci ha reso “tutti fotografi” ha permesso a tanti che prima di questa rivoluzione non sarebbero stati presi in considerazione, di sentirsi fotografi, autori di un numero inimmaginabile di immagini fruibili ovunque, una produzione inconsapevole e senza senso.
Si fotografa senza più studiare, c’è la proliferazione di una fotografia istintiva che è una sorta di analfabetismo diffuso. Impossibile scrivere bene se non conosci la grammatica!
Tutti convinti di essere creativi e fare foto speciali: nel web, nei social, nei contest, c’è sempre qualcuno che prende gli scatti delle sue vacanze troppo sul serio. Solo in una parte molto ridotta della fotografia che si vede oggi sul web si legge un progetto fotografico, un qualcosa che vale la pena di essere raccontato. Il più delle volte sembra di leggere soltanto una sorta di egocentrismo del fotografo: ho fatto una bella foto, quindi sono un bravo fotografo.
Ciò che manca oggi non è la tecnica, anzi di tecnica c’è né anche troppa, manca quanto fa della fotografia un sentimento, un valore, una necessità: il fatto di continuare a scattare senza farsi alcuna domanda non ha più niente a che vedere con la nascita e l’evoluzione della fotografia, quella fatta di luce, tempo, documento, racconto e volontà.
La quantità di immagini esistenti al giorno d’oggi è incalcolabile e la sua crescita, a causa della facilità con cui oggi ognuno di noi può scattare fotografie, è esponenziale: ma quante di queste immagini sono rilevanti? Poche!Una successione di scatti tutti, o quasi, concepiti e realizzati attraverso gli stessi identici stilemi, ormai diventati degli stereotipi talmente invasivi da risultare immediatamente riconoscibili e soffocanti. Colori gravidi e densissimi, forti contrasti, inquadrature fotocopia: parrebbe che la fotografia, soprattutto quella concepita per partecipare ai contest internazionali, non sia il prodotto di un pensiero, di uno sguardo, di un racconto, del desiderio di un autore di mettere a fuoco una storia e le vicende di esseri umani, ma semplicemente un’attività basata sulla elaborazione di immagini fondate su un concetto creativo performativo ed effettistico, dunque totalmente superficiale.
Il nostro immaginario è ormai saturo di inquadrature e soggetti che per questo diventano modelli per le nostre fotografie: è l’occhio che si abitua a certi tipi di composizione, e così, inconsapevolmente, produciamo immagini ripetitive, simili tra loro, immagini noiose.La verità è che parole come creatività, individualità, talento e originalità non si applicano facilmente in un mondo dove chiunque scatta fotografie. La fotografia ha un senso quando trova soggetti davvero originali, quando è la narrazione del mondo, la vera arte della fotocamera sta nello svelare qualcosa di nuovo, di personale, di rivelatorio.
Narrare rappresenta l’unico modo che l’essere umano possiede per far conoscere un accaduto e la via attraverso cui dare forma alla propria identità.
La narrazione non è mai il riportare fedele della realtà, in quanto la percezione di quest’ultima è soggetta all’interpretazione dell’osservatore. Ciò che è nella mia realtà è una selezione interpretativa della realtà. Non esiste una realtà universale ed un unico modo di percepirla; la realtà è relativa alla percezione che ognuno ha di essa e il suo significato è strettamente personale, sociale e culturale. Narrare rappresenta, quindi, un’operazione di consapevolezza in quanto equivale a costruire una propria visione di se stessi e del mondo: sono io come narratore che, nel momento in cui racconto qualcosa, opero una selezione, un’organizzazione del materiale disponibile.
La maggior parte dei fotoamatori pensa che la propria missione consista nel fotografare dei soggetti, ma quelli stanno lì, basta passare e fare clic. La fotografia è ben altro, è scoprire il lato oscuro del mondo, dare rappresentabilità alle emozioni, espandere l’immaginario e il sogno, e per far questo non occorre poi tanta tecnica, occorre soprattutto lavorare su se stessi, esercitarsi a pensare. Scegliere soggetto e momento, determinare consapevolmente l’emozione che l’immagine può trasmettere, dare significato alle cose. Questo è uno dei possibili approcci creativi alla fotografia, dell’uso di uno apparecchio fotografico che vada oltre alla piana documentazione. In questo modo la fotografia va ben oltre all’esercizio puramente tecnico, si propone come mezzo per penetrare al fondo delle cose, per enucleare quanto sfugge alla visione, per creare magiche sintesi del mondo. Per giungere a questa narrazione, processo attivo di produzione di senso, dobbiamo muoverci da quelle singole immagini che di per sé hanno memoria di suoni, voci, odori per avvicinarsi all’insieme delle fotografie, alla loro disposizione che genera racconti, nessi logici ed emotivi, ad un editing corretto sia nella scelta che nella sequenza che crea il movimento drammatico e narrativo.La morale è: se proprio volete scattare delle grandiose foto, non andate in crociera. Andate piuttosto in zone di guerra, o nell’appartamento dei vostri genitori.
Le fotografie:
Learning From the Nomads
Ladakh – India
© Ronald Patrick
Queste immagini si impongono subito per il loro essere “diverse” in quanto molto lontane da ciò che lo stereotipo turistico del Ladakh di norma propone. Niente colore, zero monasteri e monachelli, nessuna concessione al facile fascino dell’esotico. Il lavoro è un progetto personale sulla migrazione dei popoli, e si propone di rappresentare la migrazione in modo positivo, in quanto di norma, il termine "migrazione" è associato a sofferenza e tristezza, dimenticando che per migliaia e migliaia di anni è stata condizione normale per tutta l’umanità
IL COLORE AL TEMPO DEL DIGITALE
date » 10-07-2016 19:02
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fotografia, resa cromatica, resa cromatica efficace, editing perfetto, colore kodakrom, resa velvia, morbidità della provia, cross processing, photoshop, aperture, provia, kodakrom, velvia,
INDAGINE SEMISERIA DEL FOTOGRAFO POSMODERNO
ovvero della fotografia nell'epoca dell'editing perfetto
..... ora se consideriamo che once upon a time era si possibile ragionare sul
colore Kodakrom, la resa Velvia, la morbidità della Provia,
l'ardire del cross processing, ma che comunque c'era poco da inventare
in merito alla resa cromatica, appare evidente che nell'epoca di pixel,
di Photoshop, di Aperture, le possibilità sono infinite,
tante quanto sono le gocce nel Mar dei Sargassi.
Fino ad oggi ho inseguito la resa della fidata Velvia, astenendomi dalla
sperimentazione che vedo andare a 360° tutto attorno. Ma prima o poi
il dubbio ti assale e allora ti chiedi "ma è proprio bene così?"
O si deve innovare??????
Mi sono violentato e ci ho provato ed ora vengo a voi a chiedervi:
"Come la vedete voi? meglio l'esperimento n°1 o preferite quello n° 2?"
Stupida domanda ma chissà che non ci sia un senso in tutto ciò.
Io mi impegnerò a capire il vostro punto di vista ed argomentare con voi
alla ricerca della resa cromatica "efficace"
Voi, con i vostri commenti, potreste guadagnarvi una copia del volume
Tibet Orientale, Viaggiatori nell'Oriente ignoto
che spedirò all'autore del commento più arguto.
E allora lettore se sei arrivato sin qui clicca "e-mail" e illustrami
il tuo punto di vista!
Perchè no, val la pena provare .....
scrivimi e fammi sapere il tuo punto di vista alla mail spensotti@alice.it