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SIAMO TUTTI FOTOGRAFI!!!!!!!

SIAMO TUTTI FOTOGRAFI!!!!!!!

Sempre più spesso mi chiedo ......... ma perchè i social web pullulano di sedicenti "photographers" che in punta di fioretto e con furore polemico disquisiscono selvaggiamente a proposito di fotografia, estetica, analisi critica, linguaggio e quant'altro senza avere un misero portfolio da mostrare, uno straccio di curricula a supporto della millantata competenza, un minimo background certo di esperienze???? Effetto Bar Sport?
Oggi viviamo nell’era del world wide web, della condivisione istantanea, dei like. Nonostante tutti gli enormi vantaggi in ordine di diffusione dei lavori fotografici mi viene da pensare che l’operato della maggior parte dei “photographers” è contrassegnato da una certa inconcludenza: pubblicare qualche foto su blog, o su social network per qualche “Like”. Se poi i Like sono centinaia, ecco, è nata una nuova stella del firmamento Fotografico! Ma è veramente così che si diventa “Fotografi”? Forse no!
Una diversa opzione: fare Fotografia per esplorare il mondo e la cultura, esplorare lo strumento scelto, esplorare se stessi. Fare Fotografia per comunicare – mediante il linguaggio dello strumento – una percezione, un’osservazione, una comprensione, uno stato mentale o emozionale. Fare Fotografia per rispondere – o tentare di rispondere – a domande. Fare Fotografia per divertimento, si, ma con l’obiettivo di rispondere a necessità o richieste di natura personale. Poi chi fotografa può decidere di farlo per guadagnare, professione, o molto più semplicemente per “sviluppare il proprio senso personale”. Trovare la propria voce può benissimo diventare l’obiettivo: saper “esprimere se stessi”.
Di sicuro la differenza tra chi fotografa per Passione e chi per Profitto è che il secondo ha piena conoscenza del mondo della fotografia professionale. Un professionista, appunto, che produce fotografie con la consapevolezza che la sua immagine, intesa come prodotto fotografico, andrà poi utilizzata, ad esempio, in un libro o pubblicata su di una rivista o ancora esposta in contesto museale ed espositivo. Per fare questo deve conoscere i processi di stampa, tipi di carta e selezione colori, macchine da stampa offset, piuttosto che rotocalco, che si stampi a quattro o a sei colori, che si abbia in mente la quadricromia o la tinta piatta Pantone. Ma anche sa fare un preventivo, relazionarsi con i clienti, realizzare un progetto fotografico, e si fa pagare un prezzo equo e non al ribasso per il suo lavoro, di sicuro non regala le proprie immagini per avere un opuscolo con una propria fotografia. La reflex da 3000 euro non fa il Fotografo, come l’avere un cacciavite non fa l’Elettricista! Ed in ogni caso ricordatevi che non è il caso di parlare di arte per qualche centinaia di Like: l’ Amministativo che scrive lettere contratto è un professionista, non uno Autore!
E ancora: essere bravi e capaci di buoni progetti fotografici non comporta per forza il diventare qualcuno, tanto piu' di questi tempi grami per la fotografia. L'aspetto della celebrità o pseudo celebrità ha molto piu' a che fare con le proprie strategie di promozione, i contatti che si sanno attivare, spesso anche la personale capacità di insistenza con tra le mani un buon lavoro..... e a volte anche un po' di fortuna....

SIAMO TUTTI FOTOGRAFI!!!!!!!
Si tutti fotografi, tanti photografer in rete .....poi la mattina tutti in fonderia .....

VABBE’ CHE RAGIONAMENTO È? MA QUINDI DIMMI, SPIEGAMI PERCHÉ NON SONO UN FOTOGRAFO? QUALI SONO I PARAMETRI CHE TU USI PER AFFERMARE CHE UNO E’ UN FOTOGRAFO, UN BRAVO FOTOGRAFO, CHE UNA FOTO È GIUSTA O SBAGLIATA?
E’ il digitale baby, facile gratis rapido e vai di sharing: con la vecchia cara e bastarda pellicola nulla è possibile se .......... se sei "fotograficamente" un cane Lol

GIÀ SENTITA QUESTA: PER ESSERE OPERA D'ARTE , CONDIZIONE INDISPENSABILE È CHE SIA UNA PRATICA DI DIFFICILE REALIZZAZIONE. CONCETTO OTTOCENTESCO DURO A MORIRE. VECCHIO DISCORSO
Ma ……. mi sa che non ti è chiaro il concetto: “cosa è fotografia”. E non scomodiamo il concetto di arte please

QUESTO PROPRIO NON LO SO. SONO CURIOSO, DIMMELO TU PER FAVORE: CHE COSA È LA FOTOGRAFIA?
Studia: centinaia di volumi di immagini e testi sulla fotografia. Creati un gusto estetico: musica pittura letteratura cinema tutto quanto può aiutarti. Poniti un obbiettivo: cercare di comunicare i tuoi sentimenti le tue emozioni agli altri, vivi e fotografa solo quello che vivi e comprendi a fondo. La fotografia è un incontro riuscito tra il fotografo ed un altra persona, un paesaggio un ..... qualsiasi cosa di cui si sia compresa l’intima essenza. La fotografia è una possibile via per la percezione dell’Io e del mondo che ci circonda. La fotografia in ogni caso spesso ci dice poco del referente, quello che si fotografa, ma molto del suo autore. Consiglio: prendetevi sul serio. Non pensate all'arte ed iniziate dal divorare immagini, di Fotografi, quelli bravi bravi, e continuate col parlare di Fotografia con chi ha idee chiare, chiare chiare, sulla fotografia. Comunque non scomodate l’arte ogni volta che fate klic. È arte la fotografia? Quien sabe? Chi lo sa e chi se ne importa? Mi piace! frase di Edward Weston, non proprio uno qualunque. Ecco iniziate da lui, testi e immagini chissà mai che ...... dopo qualche anno ..... avrete chiaro il concetto.

TROPPO FACILE COSÌ NON HAI SPIEGATO COS'E UNA FOTO SBAGLIATA, NEMMENO MI ELENCHI LE REGOLE MINIME PER INIZIARE: FOTO MOSSA, SOGGETTO NON A FUOCO, ESPOSIZIONE SBAGLIATA. PER NON PARLARE DELLA REGOLA DEI TERZI, DELLA SEZIONE AUREA E COSÌ VIA. NESSUNO È NATO SAPENDO FOTOGRAFARE, DA DOVE SI INIZIA?
C'è chi non ha studiato e bum subito riesce a fare cose "non disgustose". Predisposizione e forma mentis. Ma prima di riuscire a realizzare una cosa “fotograficamente” degna, anche questo fortunello deve dedicare anni allo studio. Comunque sia, dopo questo primo traguardo, anche per lui non è ancora tutto chiaro. Non è questione di tecnica quella viene dopo. Non problema di “regole” quelle praticamente non esistono. È questione di sensibilità e capacità di vedere il Mondo. Attenzione ho detto Vedere perché a guardare tutti son capaci.
Ma pochi “vedono”.


Vuoi altre informazioni in merito? Scrivimi, per saperne di più spensotti@alice.it

COSA E COME FOTOGRAFARE

COSA E COME FOTOGRAFARE
Ovvero prima dell'attrezzatura idee ed esperienze di vita


Con la fotografia si può raccontare il mondo: la gioia ed il dolore, la guerra e una nuova vita, il primo uomo sulla luna, i grandi eventi per l’umanità, carestie e siccità, culture e religioni diverse. Il mondo può essere quello lontano sepolto sotto la valanga verde di una foresta pluviale, quello della caotica metropoli dove vivono decine di milioni di abitanti, la savana rovente dove l’antenato dell’uomo ha mosso i primi passi migliaia di anni fa. Può essere altro ancora, niente di esotico, il mondo può essere semplicemente la piazza dietro casa, in una tranquilla periferia cittadina. Vecchi muri scrostati e cartelli d’alluminio, l’ombra di alberi cresciuti a stento, insegne al neon e gli amici di sempre. Un’ultima opzione, una riflessione: il mondo raccontato può essere quello interiore. Senza alcun dubbio la categoria dell'esotico è quella più frequentata dai fotografi, professionisti o no, ed altrettanto vero è che la fotografia di viaggio si muove quasi sempre sul limite dello sconfinamento nell'esotico a tutti i costi. Troppo spesso il visibile viene così confuso con lo “spettacolare” che raramente rappresenta il vero. Più difficile invece credere, capire, che è la percezione dell’invisibile, l’operazione creativa ed artistica di rendere tangibile - sonoro - raccontabile - visibile l’invisibile, che crea la buona fotografia, anche quella di viaggio. Le innumerevoli fotografie, quelle proposte dai media o anche solo quelle di un ndimenticabile viaggio nel luogo esotico, oscillano sempre tra realtà e rappresentazione, tra documentazione ed interpretazione. Un’importante distinzione, subito necessaria, è quella tra le belle fotografie e le buone fotografie. Uno degli scopi di chi osserva il mondo anche attraverso l’oculare della macchina fotografica, dovrebbe essere quello di cercare le buone fotografie, quelle che raccontano andando oltre la mera soddisfazione estetica. E’ in queste fotografie, le buone, che si manifesta una dimensione privata dello scatto, una cristallizzazione dei sentimenti in cui autore e osservatore si riconoscono. E’ in queste che la fotografia chiarisce il suo rapporto con il reale, svincolandosi da esso per divenire spazio mentale, immaginario, lirico e visionario. Il fotografo, oltre ai suoi apparati meccanici, alle varie e possibili scelte operabili con la determinazione di un preciso obiettivo, di una pellicola o di un accessorio, innanzitutto antepone alla sua vista le lenti colorate del suo cervello. E’ sicuramente un punto di vista accettabile anche quello di chi ha sostenuto, in nome di un realismo quasi scientifico, che il fotografo deve scattare asetticamente come se non esistesse. Davanti al suo soggetto però il fotografo si trova sempre a dover scegliere tra infinite possibilità: scegliere in armonia con il suo mondo interiore, quell’attimo, non prima, non dopo, che potrà dare la misura della sua visione. Quindi il realismo in fotografia è pur sempre creazione e non piatta riproduzione della realtà, creazione che non indulge nell’autobiografia, nell’accademismo, nel lirismo. Ogni fotografo si esprime a suo modo, basterà variare l’inquadratura, lunghezza focale dell’obiettivo, l’ora di ripresa, emulsioni, filtro, messa a fuoco, esposizione. Per mezzo della tecnica si manifesta un suo stato d’animo scaturito dall’incontro con il soggetto. La fotografia è un linguaggio, un sistema di comunicazione, ma a differenza della scrittura scavalca le barriere linguistiche e a volte anche quelle culturali. Se si afferma che l’arte è la firma dell’uomo, uno stile artistico è la firma di un determinato uomo e una finestra sull’epoca in cui egli là creato. Questo "stile" è determinato essenzialmente dalla personalità di chi lo esprime, in cui si riassumono i dati dell’esperienze di vita, la disponibilità di determinate attrezzature, le conoscenze, il carattere, le idee e le convinzioni di ciascuno. In questo senso, lo stile caratterizza e personalizza il lavoro di un uomo in modo che esso giunge a differenziarsi da ogni altro. Esso però, soprattutto in fotografia, rappresenta un problema notevole: il fatto di ottenere delle immagini mediante un procedimento meccanico comporta una estrema difficoltà a imprimere in esse qualcosa che indichi chiaramente il suo autore. Tuttavia diversi elementi concorrono a facilitare uno stile personale. In primo luogo la storia di ciascuno, con la sua formazione culturale, il suo patrimonio di conoscenze, la sua sensibilità e la sua personalità: questi fattori determinano una “visione del mondo” che conduce in una direzione piuttosto che in un’altra, che lo porta a vedere in un determinato modo e a “sentire” secondo la propria disponibilità. In secondo luogo il presente storico, cioè il momento politico sociale culturale che vissuto con maggiore o minore adesione e spirito critico, determina l’ambiente entro cui nasce e si sviluppa una determinata idea. In questo senso l’approccio ad un soggetto è sempre estremamente personale: si tratta di vedere, all’interno dello strumento di comunicazione, quali momenti servono per tradurre un modo di vedere personale in un modo di esprimersi altrettanto personale. Il modo con cui ci si pone culturalmente di fronte al soggetto, la composizione che delimita, sottolinea enfatizza. La presenza di “second stories” nel fotogramma invece di delimitare rigorosamente il soggetto, l'uso della messa a fuoco "iperfocale o selettiva". E ancora l'uso di ottiche che rendono prospettive estreme, la qualità della postproduzione, immagini morbide piuttosto che dure, la stampa dell’intero fotogramma, tutto questo e tanto d'altro, significa operare delle scelte consone al proprio modo di vedere le cose. E ogni scelta determina delle costanti caratteristiche che possono servire a costituire uno stile, valido sempre, al di là del “genere fotografico”. Detto questo resta un punto centrale, che poi è quello meno considerato dalla massa di chi fotografa: l’idea, il progetto, deve guidare alle scelte tecniche. Eppure, cosa capita? Tanti partono per il "viaggio", quello atteso per una vita, con un misero bagaglio di nozioni su luoghi e popoli che si incontreranno, senza alcuna idea di ciò che vedranno, per giorni e giorni a “caccia “ di soggetti, fotografie di centinaia di singoli momenti, di particolari a prima vista interessanti. Poi tornati a casa si accorgono che c'era molto d'altro, qualcosa che si poteva raccontare. Tutto questo significa anteporre il fare all’idea. Ovviamente, lo stesso fotografo si meraviglia se gli eventuali spettatori non riescono a capire quello che voleva dire. Non bisogna dimenticare che prima si fotografa con la mente. La fotografia può così diventare una verifica di quanto si è sognato, con una serie di chiavi di interpretazioni della realtà. Ma le idee purtroppo non si comprano nei negozi di ottica come gli obiettivi ultraluminosi o i sensori ultrasensili. Occorre cercarsele, con fasi di studio, di riflessione, di approfondimento, da condurre con la lettura, la discussione, il confronto, l’analisi. Faticoso ma tutto ciò rappresenta la base imprescindibile per la riuscita di un discorso. Solo dopo aver studiato a fondo il proprio soggetto, dopo aver chiarito l’idea guida che deve giustificare un certo approccio, dopo esserci lungamente confrontati con essa, dopo aver vissuto, solo dopo questo sarà possibile iniziare a costruire una impalcatura sufficientemente organica che giustifichi il fare. Occorre avere delle idee, dicevo, possibilmente molte. Ma spesso troppe idee rischiano di rivelarsi contrastanti e di creare confusione: occorre dunque scegliere quelle che meglio si adattano allo scopo che si vuole ottenere. Come fare? Evidentemente ciascuno avrà definito un proprio modo di operare. Volendo realizzare un reportage da terre lontane, dove è difficile ritornare, sarà comunque indispensabile fotografare sapendo distinguere soggetti e avvenimenti principali rispetto a quelli accessori, sviluppando a pieno i principali e gli altri come corollario informativo, pronti comunque a cogliere al volo tutte le situazioni che la sorte riserva. Ci sono incontri, visioni, che si possono raccontare con una fotografia e altre che ne richiedono 30. E’ indispensabile prima di mettersi a fotografare, predisporsi uno schema, uno storyboard nel quale ogni idea e ogni momento ha la sua giusta collocazione, dimensione e opportunità. Ordine, proporzione, armonia, nesso logico, unità, chiarezza, concisione, eleganza, sono ingredienti della comunicazione, come le sette note musicali, gli accidenti, le chiavi sono gli ingredienti della musica. E se nella qualità estetica di una fotografia c’è anche l’intensità di uno stile, è vero anche che un rifiuto cosciente dello stile può diventare qualità estetica. Comunque resta il fatto che lo stile ha la sua parte, ma non porta a nessuna conclusione a priori. Alla fine, sarà la somma degli ingredienti opportunamente trattati dal fotografo a determinare il carattere della sua comunicazione. Un processo del genere è implicito, è un’abitudine acquisita, cosciente e soprattutto costante. Si può anche aggiungere che ogni scatto deve avere una giustificazione e deve esprimere qualcosa in modo chiaro, comprensibile a tutti. Occorre che l’immagine proposta sia universalmente comprensibile entro l’ambito della cultura in cui ci si colloca evitando artifici che tendono a porsi al di fuori di un linguaggio universale. L’uso dei mezzi espressivi dovrebbe essere finalizzato alla massima efficacia nei confronti della tipologia di spettatore a cui ci si vuole comunicare. Forme, masse, chiaroscuri, colori, linee, luci ed ombre, toni devono essere armonizzati sia nell’ambito del servizio che in consonanza con il tema affrontato. Oltre tutto ciò importante è la concisione che richiede una fotografia senza fronzoli, la sincerità che è la diretta corrispondenza tra l’animo di chi fotografa e l’idea espressa, l’eleganza che è fatta soprattutto di discrezione, di semplicità, di adesione al tema affrontato, di naturalezza anche di fronte ad interventi operativi ardui. Volendo raccontare un lontano paese si dovrebbe pensare e vedere il territorio naturale, quello industriale, la campagna e i paesi, architetture, centri storici e monumenti, i luoghi della memoria, i luoghi della storia. Tutto questo costituisce la natura fisica delle cose, il prodotto dell’attività umana. Tutto ciò che crediamo per abitudine come realtà è un pretesto per dare visibilità attraverso la fotografia al nostro potere di immaginazione. L’immagine di un vetro rotto fa pensare allo sfacelo di un intero quartiere. Basta poco. La fotografia ricostruisce il visibile solo se noi ne siamo capaci e questo senza regole, se non quelle derivanti dal coinvolgimento con persone e cose. Per dare voce a tutto quanto ci attrae, per trasformarlo in soggetto è necessaria la consapevolezza dello sguardo, la cultura della memoria.

Coscienti, finalmente, che la bellezza, anche quella straordinaria e inquietante, delle cose che ci conquistano e ci commuovono, è sempre, esclusivamente, la proiezione metafisica di quel "bello" misterioso, unico ed irripetibile che, se esiste, abita da sempre dentro di noi.


Se ti è piaciuto scrivimi, per saperne di più spensotti@alice.it

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IL COLORE AL TEMPO DEL DIGITALE

INDAGINE SEMISERIA DEL FOTOGRAFO POSMODERNO
ovvero della fotografia nell'epoca dell'editing perfetto

..... ora se consideriamo che once upon a time era si possibile ragionare sul
colore Kodakrom, la resa Velvia, la morbidità della Provia,
l'ardire del cross processing, ma che comunque c'era poco da inventare
in merito alla resa cromatica, appare evidente che nell'epoca di pixel,
di Photoshop, di Aperture, le possibilità sono infinite,
tante quanto sono le gocce nel Mar dei Sargassi.
Fino ad oggi ho inseguito la resa della fidata Velvia, astenendomi dalla
sperimentazione che vedo andare a 360° tutto attorno. Ma prima o poi
il dubbio ti assale e allora ti chiedi "ma è proprio bene così?"
O si deve innovare??????
Mi sono violentato e ci ho provato ed ora vengo a voi a chiedervi:
"Come la vedete voi? meglio l'esperimento n°1 o preferite quello n° 2?"
Stupida domanda ma chissà che non ci sia un senso in tutto ciò.
Io mi impegnerò a capire il vostro punto di vista ed argomentare con voi
alla ricerca della resa cromatica "efficace"
Voi, con i vostri commenti, potreste guadagnarvi una copia del volume
Tibet Orientale, Viaggiatori nell'Oriente ignoto
che spedirò all'autore del commento più arguto.
E allora lettore se sei arrivato sin qui clicca "e-mail" e illustrami
il tuo punto di vista!
Perchè no, val la pena provare .....


scrivimi e fammi sapere il tuo punto di vista alla mail spensotti@alice.it


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CORSI FOTOGRAFICI ... WORKSHOP FOTOGRAFICI %u2026 VIAGGI FOTOGRAFICI %u2026

CORSI FOTOGRAFICI ... WORKSHOP FOTOGRAFICI … VIAGGI FOTOGRAFICI …

Nelle tante giornate passate assieme ad altri fotografi abbiamo avuto avuto modo di interrogarci in merito alle tante proposte che negli ultimi anni vengono fatte alla “grande famiglia ” dei fotografi, innanzi tutto a chi le fotografie le fa per passione pura, ma anche a chi le fa, in un modo o nell’altro per lavoro. Mi permetto in queste poche righe di dare un modesto contributo per chiarire cosa sia possibile apprendere in un corso, in workshop o in un viaggio fotografico. Innanzi tutto le tre proposte sono caratterizzate da tre diverse logiche, da diverse metodologie e soluzioni “formative“ (e si, è di questo che si parla, di formazione), che hanno fini e obiettivi molto diversi.

Un CORSO FOTOGRAFICO è di norma centrato su di una serie di “lezioni frontali” che hanno l’obiettivo primario di trasferire semplicemente delle informazioni che “attengono alla materia fotografica”, storia, tecnica, composizione, stili etc etc…, ma poco interroga il partecipante in merito al reale “saper fare” fotografico. E’ una buona soluzione per il neofita, economica e rapida, ma serve più a rilevare le proprie lacune che ad aumentare le proprie capacità.

Diverso è partecipare ad un WORKSHOP FOTOGRAFICO dove l’accento è tutto posto sull'aspetto pratico, sul fare in un ambiente “protetto” dove le difficoltà da affrontare per raggiungere l’obiettivo posto siano superabili dai partecipanti. Un workshop non è un vero e proprio corso di fotografia in quanto gli allievi che vi partecipano hanno già delle sufficienti conoscenze di base, perchè hanno seguito un corso specifico o autodidatti, e sfruttano questa occasione per mettere in pratica quanto appreso e verificare il loro operato nel corso di specifici momenti d’aula e nell’analisi delle fotografie realizzate durante gli “shooting fotografici” che i partecipanti, guidati dal docente, vengono chiamati a fare durante il workshop.

Altra cosa ancora è partire per un VIAGGIO FOTOGRAFICO, più o meno lungo, accompagnati da un fotoreporter che si pone in prima persona l’obiettivo di realizzare uno o più reportage fotografici dai paesi visitati: farete un’esperienza unica ed impagabile, vi confronterete sul campo con un professionista al “lavoro”, scatterete nelle sue stesse condizioni operative confrontandovi con dei soggetti fotografici “molto originali”, sarete chiamati ad operare in prima persona, più dei colleghi che degli allievi del vostro fotografo-accompagnatore. Dovrete essere “fotograficamente autonomi” e dedicarvi alla vostra ricerca fotografica sapendo che solo a sera, forse, potrete riflettere con lui su quanto fatto in giornata e per prepararvi per il nuovo lavoro del giorno seguente. Questa scelta ovviamente comporta anche dei compromessi logistici in merito alle comodità del viaggiare, dei cambiamenti imprevedibili di programma, la necessità di condividere frammenti di vita con la gente del luogo. Sarà necessario un certo spirito d'adattamento e d'avventura, la capacità di abbandonarsi ai ritmi della realtà in cui si è ospiti alla ricerca di un’incontro vero, quel tipo di incontro di cui l’antropologo e scrittore Marco Aime parla in molti dei suoi libri. Un’esperienza meno “protetta” di un workshop, ma che può regalare una “vera” esperienza di viaggio in cui vedere aspetti normalmente negati dai viaggi “tutto compreso”.

Se poi parliamo di SPEDIZIONE FOTOGRAFICA la cosa è ancora diversa, di solito è il fotografo che accompagnerà il gruppo, di norma poche unità, che sceglie ed invita altri fotografi interessati al luogo per cui si parte. Nessuna data certa, non una proposta a catalogo di un Tour Operator, ma un programma che si realizza se incontra l’interesse di “quelle persone” che si ritiene siano veramente interessate al viaggio, non alla vacanza, e siano in grado di gestire gli imprevisti che si verificheranno. In questa situazione c’è poco tempo per briefing e lezioni sul campo, si va a fotografare! Bisogna essere “fotograficamente autonomi”, c’è la figura dell’accompagnatore, il fotografo, che ovviamente gestirà la logistica del viaggio, ma l’obbiettivo prioritario per lui, e per i suoi compagni, è quello di realizzare un degno lavoro fotografico. Se poi c’è tempo e non piove nella tenda ci sarà anche la possibilità di fare qualche ragionamento attorno alla fotografia, fatta e vista. Ovviamente dietro ad una SPEDIZIONE FOTOGRAFICA c’è sempre, ed è meglio che ci sia, la Direzione Tecnica di un Tour Operator che lascia carta bianca ad un fotografo di cui si fida.



© photo: Milena Cocco, Sonia Maggioni, Ivonne Cherubini, Luciano Caleffi, Roberto Leoni, Marco Carnovale, Antonio Porcelli, Olga Prokofjeva.

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FOTOGRAFIA E VIAGGIO

FOTOGRAFIA E VIAGGIO

In ogni viaggio, piccolo o grande che sia, verso luoghi esotici od altri che ci sono più familiari, è racchiusa la preziosa occasione di godere di paesaggi naturali che si dischiudono dinnanzi a noi giorno dopo giorno, c’è la possibilità di conoscere le popolazioni incontrate durante il nostro andare, l’incontro con la loro cultura, si cela l’inebriante esperienza sensoriale di navigare tra colori e musiche, odori e sapori che giorno dopo giorno ci affascinano e diventano familiari. La fotografia ed il viaggio sono un binomio inscindibile, ma il racconto di un’esperienza di viaggio attraverso le immagini fotografiche non si esaurisce nella semplice scelta della tecnica da usare, dell’inquadratura, della luce o dell’obiettivo adatti, ma nell’esprimere di volta in volta un personale modo di vedere il mondo, un particolare stile attraverso il quale il fotografo rappresenta l’esperienza vissuta. Partecipare ad un workshop fotografico o ad un viaggio fotografico è un' esperienza molto stimolante, che permette di confrontarsi con altri fotografi e viaggiatori, un’esperienza indicata sia per fotografi principianti che per esperti, che abbiano il desiderio di condividere con altri passioni e conoscenze, di confrontarsi ed approfondire le proprie conoscenze ed apprenderne di nuove. Un’esperienza che regala il privilegio di fotografare in luoghi di assoluto interesse, di sviluppare ed affinare le proprie capacità visive e creative, di confrontare le proprie scelte visive con quelle degli altri.

© photo: Milena Cocco, Sonia Maggioni, Ivonne Cherubini, Luciano Caleffi, Roberto Leoni, Marco Carnovale, Antonio Porcelli, Olga Prokofjeva.

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FOTOGRAFANDO SI IMPARA

FOTOGRAFANDO SI IMPARA

Difficile dire se chi partecipa ad un workshop o ad un viaggio fotografico impara a fotografare, difficile precisare cosa e quanto. Di sicuro i tempi scelti per questa esperienza, la presenza di altri fotografi e quella di un professionista sono gli strumenti necessari per interpretare il mondo in un modo diverso, per capire il soggetto, vedere la luce, imparare a muoversi nella scena, guidati dal fotografo docente e supportati dal gruppo, ma sempre in modo personale e seguendo le proprie emozioni. Perdersi a guardare è fondamentale, scriveva Mimmo Jodice, il lavoro di gruppo porta i singoli partecipanti a confrontasi con le scelte degli altri compagni dando forma ad un viaggio che contiene tanti viaggi, quelli dei singoli partecipanti, ognuno orientato dalla propria sensibilità e dalle proprie scelte verso la ricerca dello spirito del luogo. Ricerca, preparazione, attenzione per arrivare ad un lavoro caratterizzato da coerenza, contenuti, valore estetico ed originalità: qualità che permettono di raccontare persone, luoghi ed eventi, diventando reportage.

© photo: una serie di reportage realizzati da alcuni dei partecipanti ai workshop che annualmento svolgo a Marrakesh

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