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ROLLING PANDAS

ROLLING PANDAS
IL PORTALE DEI VIAGGIATORI


Oggi sono stato intervistato da Rolling Pandas (www.rollingpandas.it) , qui potete leggere la mia intervista in cui ho parlato di viaggi passioni e molto altro...

"Ho viaggiato in più di 50 nazioni in alcune continuo a ritornare da anni, decine di volte. All’inizio fa partivo alla ricerca di mondi segreti per fotografare luoghi e persone celate ai più. Poi col passare del tempo ho avuto una grande intuizione: “La foto di un soggetto eccezionale non è automaticamente una foto eccezionale!” La fotografia è sempre irrimediabilmente infedele al suo soggetto, me ne sono reso conto 25 anni fa nella valle dell’Omo River in Etiopia, fotografando le etnie che li vivono. Mi sono reso conto che stavo “rifacendo” il lavoro che Angela Fisher e Carol Beckwith avevano fatto dieci anni prima. Loro avevano documentato, in modo serio ed elegante, le etnie del Sahara, del Maghreb, del Corno d’Africa; attraverso immagini rigorose che ci illustravano quelle popolazioni presentandoci i loro gioielli, abiti, le decorazioni corporali, le acconciature delle donne e degli uomini. Che senso aveva rifare queste immagini 10 anni dopo? Non si è “Fotografi” se si riproducono le stesse immagini già scattate da altri fotografi, senza attingere dalle proprie esperienze, senza una visione personale, se non si va oltre che al semplice click!"


Leggi il resto dell'intervista

VEDIAMO QUELLO CHE CONOSCIAMO

VEDIAMO QUELLO CHE CONOSCIAMO
FOTOGRAFIAMO QUELLO CHE CONOSCIAMO

Un proverbio africano dice che lo straniero vede solo ciò che già conosce. Affermazione quanto mai vera nel caso di molti turisti-fotografi. Quante volte, nelle proiezioni di amici reduci da un viaggio in un paese “esotico”, abbiamo visto immagini di gente stracciata, vestita all'occidentale o seduta davanti alla televisione intenta a guardare onnipresenti telenovelas? Le fotografie che vediamo (e scattiamo) assomigliano molto di più a quelle viste sui cataloghi che abbiamo sfogliato prima di partire. Per dirla con Crawshaw e Urry, il turismo induce memoria e in un certo modo si appropria della memoria di altri. Così molte delle immagini che consumiamo visivamente sono in realtà il ricordo fissato nella memoria di altri che successivamente viene consumato da noi.
Marco Aime


Metropolitana e skyline a Meskel Square
Addis Ababa - Ethiopia 2019

Voie de degagement Nord a Nord Foire
Dakar - Senegal 2013

Ricevimento di Matrimonio
Addis Ababa - Etiopia 2014

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LA FABBRICA DEGLI STEREOTIPI

LA FABBRICA DEGLI STEREOTIPI

L’avvento di internet e del digitale ci ha reso “tutti fotografi” ha permesso a tanti che prima di questa rivoluzione non sarebbero stati presi in considerazione, di sentirsi fotografi, autori di un numero inimmaginabile di immagini fruibili ovunque, una produzione inconsapevole e senza senso.
Si fotografa senza più studiare, c’è la proliferazione di una fotografia istintiva che è una sorta di analfabetismo diffuso. Impossibile scrivere bene se non conosci la grammatica!
Tutti convinti di essere creativi e fare foto speciali: nel web, nei social, nei contest, c’è sempre qualcuno che prende gli scatti delle sue vacanze troppo sul serio. Solo in una parte molto ridotta della fotografia che si vede oggi sul web si legge un progetto fotografico, un qualcosa che vale la pena di essere raccontato. Il più delle volte sembra di leggere soltanto una sorta di egocentrismo del fotografo: ho fatto una bella foto, quindi sono un bravo fotografo.
Ciò che manca oggi non è la tecnica, anzi di tecnica c’è né anche troppa, manca quanto fa della fotografia un sentimento, un valore, una necessità: il fatto di continuare a scattare senza farsi alcuna domanda non ha più niente a che vedere con la nascita e l’evoluzione della fotografia, quella fatta di luce, tempo, documento, racconto e volontà.
La quantità di immagini esistenti al giorno d’oggi è incalcolabile e la sua crescita, a causa della facilità con cui oggi ognuno di noi può scattare fotografie, è esponenziale: ma quante di queste immagini sono rilevanti? Poche!Una successione di scatti tutti, o quasi, concepiti e realizzati attraverso gli stessi identici stilemi, ormai diventati degli stereotipi talmente invasivi da risultare immediatamente riconoscibili e soffocanti. Colori gravidi e densissimi, forti contrasti, inquadrature fotocopia: parrebbe che la fotografia, soprattutto quella concepita per partecipare ai contest internazionali, non sia il prodotto di un pensiero, di uno sguardo, di un racconto, del desiderio di un autore di mettere a fuoco una storia e le vicende di esseri umani, ma semplicemente un’attività basata sulla elaborazione di immagini fondate su un concetto creativo performativo ed effettistico, dunque totalmente superficiale.
Il nostro immaginario è ormai saturo di inquadrature e soggetti che per questo diventano modelli per le nostre fotografie: è l’occhio che si abitua a certi tipi di composizione, e così, inconsapevolmente, produciamo immagini ripetitive, simili tra loro, immagini noiose.La verità è che parole come creatività, individualità, talento e originalità non si applicano facilmente in un mondo dove chiunque scatta fotografie. La fotografia ha un senso quando trova soggetti davvero originali, quando è la narrazione del mondo, la vera arte della fotocamera sta nello svelare qualcosa di nuovo, di personale, di rivelatorio.
Narrare rappresenta l’unico modo che l’essere umano possiede per far conoscere un accaduto e la via attraverso cui dare forma alla propria identità.
La narrazione non è mai il riportare fedele della realtà, in quanto la percezione di quest’ultima è soggetta all’interpretazione dell’osservatore. Ciò che è nella mia realtà è una selezione interpretativa della realtà. Non esiste una realtà universale ed un unico modo di percepirla; la realtà è relativa alla percezione che ognuno ha di essa e il suo significato è strettamente personale, sociale e culturale. Narrare rappresenta, quindi, un’operazione di consapevolezza in quanto equivale a costruire una propria visione di se stessi e del mondo: sono io come narratore che, nel momento in cui racconto qualcosa, opero una selezione, un’organizzazione del materiale disponibile.
La maggior parte dei fotoamatori pensa che la propria missione consista nel fotografare dei soggetti, ma quelli stanno lì, basta passare e fare clic. La fotografia è ben altro, è scoprire il lato oscuro del mondo, dare rappresentabilità alle emozioni, espandere l’immaginario e il sogno, e per far questo non occorre poi tanta tecnica, occorre soprattutto lavorare su se stessi, esercitarsi a pensare. Scegliere soggetto e momento, determinare consapevolmente l’emozione che l’immagine può trasmettere, dare significato alle cose. Questo è uno dei possibili approcci creativi alla fotografia, dell’uso di uno apparecchio fotografico che vada oltre alla piana documentazione. In questo modo la fotografia va ben oltre all’esercizio puramente tecnico, si propone come mezzo per penetrare al fondo delle cose, per enucleare quanto sfugge alla visione, per creare magiche sintesi del mondo. Per giungere a questa narrazione, processo attivo di produzione di senso, dobbiamo muoverci da quelle singole immagini che di per sé hanno memoria di suoni, voci, odori per avvicinarsi all’insieme delle fotografie, alla loro disposizione che genera racconti, nessi logici ed emotivi, ad un editing corretto sia nella scelta che nella sequenza che crea il movimento drammatico e narrativo.La morale è: se proprio volete scattare delle grandiose foto, non andate in crociera. Andate piuttosto in zone di guerra, o nell’appartamento dei vostri genitori.

Le fotografie:
Learning From the Nomads
Ladakh – India
© Ronald Patrick
Queste immagini si impongono subito per il loro essere “diverse” in quanto molto lontane da ciò che lo stereotipo turistico del Ladakh di norma propone. Niente colore, zero monasteri e monachelli, nessuna concessione al facile fascino dell’esotico. Il lavoro è un progetto personale sulla migrazione dei popoli, e si propone di rappresentare la migrazione in modo positivo, in quanto di norma, il termine "migrazione" è associato a sofferenza e tristezza, dimenticando che per migliaia e migliaia di anni è stata condizione normale per tutta l’umanità

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Saal Digital

SAAL DIGITAL
stampa digitale on-line

Saal Digital è una società tedesca che propone servizio di stampa on line, web www.saal-digital.it, con un'ampia serie di prodotti fotografici quali fotolibri, stampe fotografiche, fine art e stampe su supporti rigidi. Il sito ed il il software per la realizzazione e l'ordine delle stampe sono in italiano è di facile utilizzo, tempi di stampa e consegna decisamente rapidi. Uno dei problemi delle stampa on-line è la verifica della corrispondenza tra la visione a monitor e la resa in stampa dell'immagine, in modo molto professionale la Saal Digital fornisce a tale proposito profili ICC per ogni superfice di stampa per la prova colore in Photoshop o Lightroom, Ho testato il loro servizio di stampa ordinando una Gallery Print 50 x 75 cm: stampa diretta su panello in metacrilato di 2 mm accoppiato ad un pannello in Alluminio-Dibond di 3 mm, lavorazione alternativa e molto più economica che il più tradizionale “sandwich" tra la vera stampa su carta fotografica fotografica tra due lastre di metacrilato e di Dibond. Il risultato è pregevole e difficile da distinguere da una stampa su carta fotografica, con buona resa cromatica e elevata definizione. L'unica nota negativa è relativa al telaio distanziatore in alluminio applicato al retro del pannello che risulta essere di dimensioni decisamente troppo piccole e potrebbe dare qualche problema per appenderlo a muro. L'imballaggio del pannello è più che accurato e la superfice di metacrilato lucido è opportunamente protetta da una
pellicola da rimuovere prima di appenderlo a muro. In conclusione considerato il rapporto qualità prezzo non posso che consigliare Saal Digital

per informazioni www.saal-digital.it

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TUTTI I TRUCCHI PER FOTO DA VERO PROFESSIONISTA

TUTTI I TRUCCHI PER FOTO DA VERO PROFESSIONISTA

Questo workshop è il distillato della nostra esperienza fotografica. Racchiusi in questo workshop troverai tutti i segreti, i trucchi e le indicazioni che molti non conoscono e che potrebbero dare quel tocco in più alle vostre immagini………

Ecco mi capita a volte di leggere cose come questa sopra: deprimente! Eppure se ci sono manuali, proposte per workshop & corsi, tutorial e quant’altro in cui si citano regole, trucchi e segreti per fotografare meglio vuol ben dire che c'è chi fa fede a questo tipo di "proposta". Facciamo un poco d’ordine, con l’aiuto di un vocabolario!

• con il termine regola si intende una norma prestabilita, per lo più codificata e coordinata con altre in un sistema organico.
• Segreto è ciò che viene tenuto da parte rispetto al pubblico, separato e nascosto agli occhi altrui, senza essere rivelato, senza essere condiviso.
• Si intende per trucco un espediente, artificio, inganno che altera l'aspetto delle cose e fa vedere quello che non c'è.

Ora per quanto attiene la fotografia possiamo dire senza dubbio alcuno che non esistono ne regole ne trucchi & segreti, ma due fondamentali aspetti che sono

IL PRESUPPOSTO TECNICO
DA AFFRONTARE PER LIBERARSENE IMMEDIATAMENTE

Devi conoscere perfettamente il mezzo che hai in mano (macchina fotografica & Co). Dovi conoscere perfettamente cosa stai utilizzando e soprattutto i tuoi limiti e quelli della tua attrezzatura. Ma non solo, devi avere chiara conoscenza della tecnica fotografica di base necessaria a realizzare le “tue immagini” Mi spiego meglio citando Mario Giacomelli: è uno dei fotografi italiani più conosciuti nel mondo, primo degli autori italiani ad essere presentato in mostra al Museum of Modern Art di New York nel 1964
Qui le immagini di Mario Giacomelli
“Io non so cosa hanno gli altri. Io ho una macchina che ho fatto fabbricare, una cosa tutta legata con lo scotch, che perde i pezzi. Io non sono un amante di queste cose. Ho questa da quando ho iniziato, sempre la stessa. Ho smontato un'altra macchina di un amico mio, togliendo tutte le cose inutili. Per me l'importante è che ci sia la distanza e -- cosa c'è d'altro? “

Una “buona” foto con una forte espressività, anche se ha infiniti difetti tecnici e compositivi, può funzionare. Detto questo però non illuderti pensando che:
• tanto la ritocco dopo
• tanto la inquadro meglio in fase di ritocco
• tanto questo lo aggiungo/tolgo dopo

Pensare che tutto si aggiusta dopo, in post produzione, funziona raramente: una foto sbagliata in ripresa, rimane una foto sbaglia e ritoccata. Incidilo sulla tua fotocamera. Avere una buona familiarità con la tua attrezzatura e conoscere i comandi “utili per la tua fotografia” e la loro disposizione, permette di velocizzare la fase di impostazione della fotocamera e ti consente di essere pronto a scattare in minor tempo.

LA CONOSCENZA DEL LINGUAGGIO FOTOGRAFICO
I CONCETTI FONDAMENTALI DELLA COMUNICAZIONE ED IN PARTICOLARE DELLA COMUNICAZIONE VISIVA.

Come in ogni forma di scrittura quello che più conta è il contenuto ed il modo con cui esso viene esposto. Conoscere il linguaggio fotografico non significa soltanto essere al corrente di informazioni tecniche pratiche. Più importante è conoscere gli elementi caratterizzanti un’immagine. Devi essere in grado di fare “ordine nel caos del mondo”: in una frazione di secondo operare scelte consapevoli e soggettive, pensare agli elementi dell’immagine e mettere in atto delle scelte consapevoli. Per questo prima di tutto impara a leggere le immagini degli altri, per poter applicare poi tali scelte operative alle tue immagini. Un suggerimento utile: se conosci i meccanismi fondamentali della scrittura, della comunicazione verbale, potrai meglio approfondire la conoscenza del linguaggio fotografico. Un libro non facile, ma utile, per imparare come funzionano le immagine 'Arte e percezione visiva' di Rudolf Arnheim (GG.Feltrinelli Editore).

L’avvento della fotografia digitale ha indubbiamente portato con se nuove incredibili possibilità, purtroppo questo si è tradotto per lo più con un approccio facile, non verso una ricerca di standard alti, ma verso la produzione di massa di immagini banali e istintive. La risultante è che con il digitale “siamo tutti fotografi”, una massa di fotografi per lo più afflitti da una sorta di “ignoranza fotografica”: si fotografa senza più studiare. Non puoi scrivere se non conosci la grammatica. Non puoi fotografare se non conosci il linguaggio fotografico.

Inoltre questo proliferare di “fotografi istintivi” (l’ho visto, mi piace, scatto), evidenzia un altro aspetto legato non alle conoscenze tecnico – linguistiche, ma ad aspetti più personali, ai motivi per cui si fotografa. La gran parte dei “fotografi” opera senza porsi il problema dall’idea, del progetto fotografico: continua a scattare senza farsi alcuna domanda, senza interrogarsi sul cosa, il come ed il perché. Quello che manca è l’intento di comunicare, con logica e chiarezza, l’idea scelta dal fotografo, attraverso un complesso coerente di immagini fotografiche finalizzate a esprimere la propria idea.

Non più “fotografare” per raccontare la propria visione delle cose, manifestando i propri sentimenti, la propria istanza, ma la sterile ricerca di consenso “on line”, per la condivisione degli “I Like”.

Vuoi altre informazioni in merito? Scrivimi, per saperne di più spensotti@alice.it


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SIAMO TUTTI FOTOGRAFI!!!!!!!

SIAMO TUTTI FOTOGRAFI!!!!!!!

Sempre più spesso mi chiedo ......... ma perchè i social web pullulano di sedicenti "photographers" che in punta di fioretto e con furore polemico disquisiscono selvaggiamente a proposito di fotografia, estetica, analisi critica, linguaggio e quant'altro senza avere un misero portfolio da mostrare, uno straccio di curricula a supporto della millantata competenza, un minimo background certo di esperienze???? Effetto Bar Sport?
Oggi viviamo nell’era del world wide web, della condivisione istantanea, dei like. Nonostante tutti gli enormi vantaggi in ordine di diffusione dei lavori fotografici mi viene da pensare che l’operato della maggior parte dei “photographers” è contrassegnato da una certa inconcludenza: pubblicare qualche foto su blog, o su social network per qualche “Like”. Se poi i Like sono centinaia, ecco, è nata una nuova stella del firmamento Fotografico! Ma è veramente così che si diventa “Fotografi”? Forse no!
Una diversa opzione: fare Fotografia per esplorare il mondo e la cultura, esplorare lo strumento scelto, esplorare se stessi. Fare Fotografia per comunicare – mediante il linguaggio dello strumento – una percezione, un’osservazione, una comprensione, uno stato mentale o emozionale. Fare Fotografia per rispondere – o tentare di rispondere – a domande. Fare Fotografia per divertimento, si, ma con l’obiettivo di rispondere a necessità o richieste di natura personale. Poi chi fotografa può decidere di farlo per guadagnare, professione, o molto più semplicemente per “sviluppare il proprio senso personale”. Trovare la propria voce può benissimo diventare l’obiettivo: saper “esprimere se stessi”.
Di sicuro la differenza tra chi fotografa per Passione e chi per Profitto è che il secondo ha piena conoscenza del mondo della fotografia professionale. Un professionista, appunto, che produce fotografie con la consapevolezza che la sua immagine, intesa come prodotto fotografico, andrà poi utilizzata, ad esempio, in un libro o pubblicata su di una rivista o ancora esposta in contesto museale ed espositivo. Per fare questo deve conoscere i processi di stampa, tipi di carta e selezione colori, macchine da stampa offset, piuttosto che rotocalco, che si stampi a quattro o a sei colori, che si abbia in mente la quadricromia o la tinta piatta Pantone. Ma anche sa fare un preventivo, relazionarsi con i clienti, realizzare un progetto fotografico, e si fa pagare un prezzo equo e non al ribasso per il suo lavoro, di sicuro non regala le proprie immagini per avere un opuscolo con una propria fotografia. La reflex da 3000 euro non fa il Fotografo, come l’avere un cacciavite non fa l’Elettricista! Ed in ogni caso ricordatevi che non è il caso di parlare di arte per qualche centinaia di Like: l’ Amministativo che scrive lettere contratto è un professionista, non uno Autore!
E ancora: essere bravi e capaci di buoni progetti fotografici non comporta per forza il diventare qualcuno, tanto piu' di questi tempi grami per la fotografia. L'aspetto della celebrità o pseudo celebrità ha molto piu' a che fare con le proprie strategie di promozione, i contatti che si sanno attivare, spesso anche la personale capacità di insistenza con tra le mani un buon lavoro..... e a volte anche un po' di fortuna....

SIAMO TUTTI FOTOGRAFI!!!!!!!
Si tutti fotografi, tanti photografer in rete .....poi la mattina tutti in fonderia .....

VABBE’ CHE RAGIONAMENTO È? MA QUINDI DIMMI, SPIEGAMI PERCHÉ NON SONO UN FOTOGRAFO? QUALI SONO I PARAMETRI CHE TU USI PER AFFERMARE CHE UNO E’ UN FOTOGRAFO, UN BRAVO FOTOGRAFO, CHE UNA FOTO È GIUSTA O SBAGLIATA?
E’ il digitale baby, facile gratis rapido e vai di sharing: con la vecchia cara e bastarda pellicola nulla è possibile se .......... se sei "fotograficamente" un cane Lol

GIÀ SENTITA QUESTA: PER ESSERE OPERA D'ARTE , CONDIZIONE INDISPENSABILE È CHE SIA UNA PRATICA DI DIFFICILE REALIZZAZIONE. CONCETTO OTTOCENTESCO DURO A MORIRE. VECCHIO DISCORSO
Ma ……. mi sa che non ti è chiaro il concetto: “cosa è fotografia”. E non scomodiamo il concetto di arte please

QUESTO PROPRIO NON LO SO. SONO CURIOSO, DIMMELO TU PER FAVORE: CHE COSA È LA FOTOGRAFIA?
Studia: centinaia di volumi di immagini e testi sulla fotografia. Creati un gusto estetico: musica pittura letteratura cinema tutto quanto può aiutarti. Poniti un obbiettivo: cercare di comunicare i tuoi sentimenti le tue emozioni agli altri, vivi e fotografa solo quello che vivi e comprendi a fondo. La fotografia è un incontro riuscito tra il fotografo ed un altra persona, un paesaggio un ..... qualsiasi cosa di cui si sia compresa l’intima essenza. La fotografia è una possibile via per la percezione dell’Io e del mondo che ci circonda. La fotografia in ogni caso spesso ci dice poco del referente, quello che si fotografa, ma molto del suo autore. Consiglio: prendetevi sul serio. Non pensate all'arte ed iniziate dal divorare immagini, di Fotografi, quelli bravi bravi, e continuate col parlare di Fotografia con chi ha idee chiare, chiare chiare, sulla fotografia. Comunque non scomodate l’arte ogni volta che fate klic. È arte la fotografia? Quien sabe? Chi lo sa e chi se ne importa? Mi piace! frase di Edward Weston, non proprio uno qualunque. Ecco iniziate da lui, testi e immagini chissà mai che ...... dopo qualche anno ..... avrete chiaro il concetto.

TROPPO FACILE COSÌ NON HAI SPIEGATO COS'E UNA FOTO SBAGLIATA, NEMMENO MI ELENCHI LE REGOLE MINIME PER INIZIARE: FOTO MOSSA, SOGGETTO NON A FUOCO, ESPOSIZIONE SBAGLIATA. PER NON PARLARE DELLA REGOLA DEI TERZI, DELLA SEZIONE AUREA E COSÌ VIA. NESSUNO È NATO SAPENDO FOTOGRAFARE, DA DOVE SI INIZIA?
C'è chi non ha studiato e bum subito riesce a fare cose "non disgustose". Predisposizione e forma mentis. Ma prima di riuscire a realizzare una cosa “fotograficamente” degna, anche questo fortunello deve dedicare anni allo studio. Comunque sia, dopo questo primo traguardo, anche per lui non è ancora tutto chiaro. Non è questione di tecnica quella viene dopo. Non problema di “regole” quelle praticamente non esistono. È questione di sensibilità e capacità di vedere il Mondo. Attenzione ho detto Vedere perché a guardare tutti son capaci.
Ma pochi “vedono”.


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PERCHE' CALIBRARE E PROFILARE UN MONITOR

Perché calibrare e profilare un monitor

Bentornati!
Subito un chiarimento: non voglio qui addentrarmi in quella tecnologia molto complessa che è la gestione digitale del colore. E’ un argomento molto complesso che prevede studio e applicazione. Se volete approfondire cercate il web di Mauro Boscarol e auguri!!! Il mio intento qui è di chiarire le nozioni elementari, per una gestione base del processo che porta dalla ripresa fotografica alla stampa dell’immagine in modo accettabile! Niente di iper professionale e tanto meno rivolto a studi fotografici o a chi “lavora” nel campo delle arti grafiche. Questo testo vuole essere uno spunto semplice e ragionato che vi permetta di realizzare delle immagini in modo tale che possano essere fruite, stampa & visualizzazione, in modo certo da tutti.

Abbiamo acquistato un buon monitor con caratteristiche idonee all’uso fotografico, che più o meno ha le seguenti cartatteristiche:
Pannello IPS con retroilluminazione rgb led
Wide gamut con impostazioni Adobe RGB e sRGB.
Risoluzione nativa di almeno 1920 x 1200 pixel
Superfice dello schermo opaca antiriflesso
Ingressi HDMI - DVI meglio con Displayport
Angolo di visuale superiore ai 175°
Luminosità non inferiore a 300cd/m2
Contrasto non eccessivo, un valore di 1.000:1 è corretto

Tutto bene, ma il nostro nuovo monitor appena tolto dall’imballo ci permetterà di visualizzare in modo corretto la nostra immagine? In pratica vi sarete accorti che spesso se visualizziamo la stessa immagine su monitor diversi la vediamo con colori diversi, ed ancora che se stampiamo l’immagine questa è diversa da come la visualizziamo: un problema nostro o del laboratorio di stampa? Ora per spiegare questo si dovrebbe fare una lunga digressione in merito alla gestione del colore. Cosa complicata la gestione del colore, potremmo definirla come una procedura di gestione delle immagini digitali che consente di mantenere le loro caratteristiche di colore su qualunque periferica di visualizzazione, che siano monitor o stampanti.

In pratica la gestione del colore consiste nel coordinare opportunamente ogni periferica, fotocamera, scanner, monitor, stampante, in modo tale che tutte “parlino la stessa lingua”. Per fare questo deve essere determinato il cosiddetto “profilo di colore” di ogni periferica in modo che siano certe le sue caratteristiche cromatiche: portare la periferica da uno stato non conosciuto, quello di acquisto, ad uno stato di arrivo scelto da noi, noto e descritto numericamente.

Ogni periferica ha un proprio profilo (due differenti monitor, stesso produttore e stesso modello, avranno profilo diverso) cosa che determina la necessità di una decodifica dei colori. I Profili in questione vengono chiamati ICC e sono l’elenco di caratteristiche di ogni periferica, normalmente i monitor vengono forniti con un profilo generico che va calibrato per l’uso in fotografia. Profilare un monitor consente di creare e memorizzare un profilo ICC processo che avviene attraverso tre operazioni: la calibrazione; la caratterizzazione; la profilazione. Risultato finale di questo processo è la creazione del profilo del monitor.

Otterremo così un processo certo: ad ogni immagine prodotta da una fotocamera digitale viene associato un profilo colore, quando l'immagine viene inviata ad un monitor o ad una stampante il sistema di gestione di colore provvede alla conversione di colore tra il profilo dell'immagine e il profilo della periferica di uscita in modo che le caratteristiche colorimetriche dei colori di ingresso corrispondano alle caratteristiche colorimetriche della periferica di uscita. In questo modo i colori originali e quelli dell'immagine stampata o visualizzata corrispondono. Non è chiaro tutto ciò?

Un esempio: la vostra bellissima immagine, post prodotta con tanta cura sul vostro monitor, mandata ad un buon laboratorio di stampa vi ritorna stampata con una fastidiosa dominante di colore verde, mentre sul monitor del vostro amico e compagno di uscite fotografiche la vedete con una dominante rossastra. Cosa può essere successo? Ad esempio che il vostro monitor, pur essendo buono, non è calibrato ed ha una dominante rossa (è troppo rosso). Voi operate in post produzione togliendo del rosso che in realtà non c’è, di fatto aggiungendo il verde che troverete nella stampa che vi restituisce il laboratorio. E il monitor del vostro amico? Semplicemente ha una dominante rossa più forte del vostro monitor per cui anche se voi avete già tolto molto rosso, qui è ancora di troppo.

Per visualizzare correttamente su 2 monitor diversi la stessa immagine, si deve gestire il profilo del monitor (ottenuto con la calibrazione) rispetto allo spazio colore dell’immagine. Per stampare correttamente una immagine si deve gestire lo spazio colore dell’immagine rispetto a quello della stampante (anche le stampanti vanno calibrate). Un singolo pezzo di questo processo, la calibrazione del vostro monitor, non garantisce che la vostra immagine sarà vista in modo adeguato sul monitor del vostro amico: anche lui deve aver calibrato il suo monitor. Stessa cosa per la stampante del laboratorio, ma qui salvo che sia un laboratorio veramente pessimo, potremmo anche stare tranquilli, un minimo di cura ci sarà, è il loro lavoro! Diciamo che se voglio risultati di stampa eccellenti dovrò riferirmi a dei laboratori che non facciano misteri in merito al loro processo di gestione del colore.

Alla fine il solo profilo del vostro monitor non risolve il problema, ma vi garantisce che altri soggetti che abbiano correttamente operato la gestione del colore delle loro periferiche possano visualizzare / stampare in modo corretto la vostra immagine. Ad esempio chi valuta le immagini di un prestigioso contest fotografico avrà sicuramente un monitor calibrato, stessa cosa dicasi di un ottimo laboratorio di stampa. È l’incastro di tutti questi pezzi che crea il risultato finale: la corrispondenza dei colori.

Ok mi hai convito! Ma adesso chi fa tutto questo lavoro di calibrazione, caratterizzazione e profilazione del monitor? Tranquilli tutto il lavoro viene eseguito dal software che vi viene venduto con lo strumento di misura (un colorimetro o uno spettrofotometro). I monitor espressamente dedicati alla fotografia hanno in dotazione un loro software che è compatibile con una serie di strumenti di misura: ovviamente questa è la scelta migliore. Voi lanciate il software che controlla lo strumento di misura da cui riceve i dati che vengono sottoposti ad elaborazione. Il software calibra il monitor “scrivendo” gli opportuni dati in 3 tabelle chiamate LUT (lookup table una per ogni colore primario RGB) della scheda video oppure direttamente sulle LUT del monitor, se quest’ultimo ne è provvisto.

Requisito primario perché sia possibile calibrare il vostro monitor è che siano accessibili e caricabili, dalla vostra scheda grafica o dal monitor stesso, le tre LUT. Per i computer Mac con sistema operativo OS X sono sempre disponibili tre (o una) LUT caricabili, per Windows non è sempre così, nel senso che non tutte le schede video dispongono di una o meglio tre LUT caricabili. Una semplice verifica della vostra scheda grafica ( presenza di LUT caricabili) può essere fatta con questa utility gratuita di X-Rite: Calibration LUT Tester

Ovvio che l’acquisto di un monitor con proprie LUT accessibili e caricabili è la soluzione migliore. In questo caso le LUT della scheda video non vengono usate, vengono usate quelle del monitor e il monitor rimane sempre calibrato su qualsiasi computer venga usato.

Una considerazione a parte per i notebook economici: tipicamente, hanno una sola LUT cosa che rende la calibrazione del monitor del notebook poco precisa. Su macchine di questo tipo non è possibile avere 3 curve di regolazione, una per ognuno dei tre colori primari RGB. Detto questo e considerato che i monitor dei portatili hanno un gamut molto ristretto e un angolo di visione limitato, si capisce come il monitor di un portatile non sia adatto all’uso fotografico. Scelta obbligata è connettere al vostro notebook un monitor con con proprie LUT accessibili e caricabili.

Quale hardware per calibrare il vostro monitor? Considerate che c’è un’ampia fascia di prodotti dedicati alla calibrazione dei monitor, da meno di 100 a più di 1000 euro . La scelta è in funzione della precisione da voi attesa e dal monitor che dovete calibrare: ovviamente un monitor di qualità media non diventa un super monitor una volta calibrato!
Qui di seguito vi lascio alcuni link a pagine web su cui potrete visionare i principali prodotti per la calibrazione dei monitor e nel caso fare il vostro acquisto

Colormunki
i1-solutions
Spyder
Apromastore
Colorconfidence


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Calibration__LUT_Tester.zip (0.89 MB)

MONITOR "FOTOGRAFICO" A MENO DI 300 EURO?

Monitor "fotografico" a meno di 300 Euro?
Ora è possibile!!!


Che la rivoluzione digitale abbia dato nuova vita alla fotografia è cosa certa. Tutti fotografi, e la maggior parte di questi fotografi investe migliaia di euro nell’attrezzatura inseguendo le nuove incalzanti proposte dei produttori. La cosa strana è che l’attenzione è per lo più focalizzata su corpi macchina e ottiche dimenticando ad esempio che il monitor, su cui guardare e post produrre le immagini è componente altrettanto essenziale. Senza monitor non vedremmo le immagini e comunque procedere alla loro post produzione utilizzando il monitor lucido di un notebook economico equivale a rovinare le immagini, non a migliorarle. Fermi tutti ho detto “un notebook economico”, non parlo di “Ultrabook” che sono assolutamente adeguati per prestazioni e con uno schermo che in questa fascia di prodotti è sempre ottimo e con tecnologia IPS. Ma gli ultrabook costano, due esempi DELL XPS 9350 e ASUS ZenBook UX303UB entrambi sopra i 1000 Euro. Se poi pensiamo ai prodottini della “mela” avremo il meglio: Mac Book Pro 13”, è il massimo anche per costo, sopra i 1500 Euro. Potremmo dire che da quando il digitale ha preso il sopravvento, l’elemento chiave di tutta la catena è proprio il monitor che permette alle fotografie di prendere vita e di essere prima modificate e poi stampate, pubblicate su internet o semplicemente salvate in archivio. Detto questo molti mi diranno che un monitor professionale per arti grafiche adatto al foto editing è troppo costoso, ma forse oggi non è più vero questo! Non è il caso di sognare ad esempio di lavorare con un monitor quale l’Eizo CG247 1500 Euro di monitor con calibrazione hardware incorporata. La diffusione dei pannelli con tecnologia IPS ha portato alla realizzazione da parte di diversi produttori di un numero sempre più crescente di monitor più o meno professionali caratterizzati da prestazioni elevate per il foto editing ad un prezzo pari alla metà dell’Eizo CG247 Detto che scegliere un monitor per il foto ritocco può rivelarsi una decisione non così semplice, vediamo quali sono le caratteristiche essenziali e quali le possibili proposte sotto i 1000 Euro. Le caratteristiche per un buon monitor per uso fotografico prevedono l’uso di un pannello lcd con tecnologia IPS invece che quella TN tipica dei modelli economici per uso più generale. Altra caratteristica è l’uso di una elettronica che permetta di gestire i parametri di luminosità, contrasto e resa cromatica del pannello lcd. Parametri sicuramente essenziali sono un ampio angolo di visione (170° minimo), la qualità immagine complessiva e l’uniformità del pannello: al centro, bordi, angoli, destra, sinistra. E ancora l'ampiezza del gamut, cioè la capacità di riprodurre correttamente uno spazio di colore. Concetto quest’ultimo molto complesso che potremmo semplificare in altro modo, in pratica tipicamente per usi fotografici la capacità di riprodurre più o meno interamente la gamma dei colori compresi nello spazio colore sRGB ed in quello Adobe RGB. Ultimo ma importante parametro il rapporto qualità/prezzo. Detto questo il mio consiglio va per la seguente serie di monitor, 24 e 27 pollici, a molto meno di 1000 Euro:

DELL UltraSharp U2410 – 24” – 180 Euro circa
Un modello del 2010 che vantava invidiabili caratteristiche quali la copertura 96% Adobe RGB 100 % sRGB. In italia difficile da trovare ora, ma se siete fortunati ….. fate un affare!

DELL UltraSharp U2412M - 24" - 260 Euro
Un monitor dall'ottimo rapporto qualita' prezzo. Ottimi colori e ottima incisione, ha una copertura 74.3% Adobe RGB, 95.8% sRGB.

DELL UltraSharp U2515H - 25" – 310 Euro
Più recente del U2412M e simile per prestazioni

ASUS PA248Q LCD – 24” - 370 Euro
Asus dichiara il 100% di copertura RGB Adobe ed ha pannello IPS Pre-calibrato in fabbrica. Supporta sia la Gamma 2.2 per PC che la Gamma 1.8 per Mac

HP Z24X LCD - 24" - 500 Euro
Una economica alternativa ai monitor super professionali che possono costare più di 1500 euro. A un costo decisamente inferiore avete una qualità d'immagine superiore, un'accuratezza di colore e software di calibrazione. Copertura 100% sRGB, 99% Adobe RGB,

EIZO CS2420 - 24 " – 720 Euro
Con questo monitor 24" entriamo nella fascia “professionale”. Se volete a tutti i costi il nome Eizo il CS2420 è il monitor entry level della serie ColorEdge con pannello IPS (Wide Gamut) e con copertura del 99 % dello spazio cromatico AdobeRGB. Monta Micro processore Digital Uniformity Equalizer per una perfetta omogeneità su tutto lo schermo. Calibrazione hardware con il super efficente software EIZO Color Navigator compreso nel prezzo d'acquisto e colorimetro da acquistare come accessorio a parte. Altro accessorio indispensabile palpebra luce a circa 150 euro.

BENQ SW2700PT - 27" – 700Euro
Saliamo di dimensioni e troviamo un 27" con copertura 99% Adobe RGB, 100% sRGB. Dotato di calibrazione certificata di fabbrica. Compreso nel prezzo palpebra antiriflessi consigliatissima per uso fotografico e software per la calibrazione profilazione. Peccato che il controllo di qualità dei pannelli latita per cui si riscontrano molti esemplari che non vanno affatto bene e prima di trovare l'esemplare perfetto se ne cambiano 2 o 3.

ASUS PA279Q - 27" – Euro 750
Precalibrato in fabbrica per una maggiore accuratezza del colore, copre il 99% Adobe RGB e 100% sRGB. Palpebra da acquistare come accessorio a parte.

BENQ PG2401PT - 24" - 995 Euro
Schermo professionale certificato per l'industria e stampa professionale, accuratezza e prestazioni difficili da battere. Copertura 99% Adobe RGB, 100% sRGB. Compreso nel prezzo palpebra antiriflessi consigliatissima per uso fotografico e software per la calibrazione profilazione

EIZO CX241-BK – 24” – 960 Euro
Semiprofessionale da Eizo, copertura 98% AdobeRGB e 100% sRGB, Se volete di più di questo Eizo troverete solo monitor professionali ad un prezzo più alto del 40%. Palpebra da acquistare come accessorio a parte.

NB: Nelle immagini monitor & ultrabook nell'ordine in cui sono citati nel testo.

Ultima cosa:
più il monitor è buono e più è raccomandato l’acquisto di hardware & software di misurazione per Calibrare e profilare il monitor. Ne scriverò a breve.

Vuoi altre informazioni in merito? Scrivimi, per saperne di più spensotti@alice.it


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COSA E COME FOTOGRAFARE

COSA E COME FOTOGRAFARE
Ovvero prima dell'attrezzatura idee ed esperienze di vita


Con la fotografia si può raccontare il mondo: la gioia ed il dolore, la guerra e una nuova vita, il primo uomo sulla luna, i grandi eventi per l’umanità, carestie e siccità, culture e religioni diverse. Il mondo può essere quello lontano sepolto sotto la valanga verde di una foresta pluviale, quello della caotica metropoli dove vivono decine di milioni di abitanti, la savana rovente dove l’antenato dell’uomo ha mosso i primi passi migliaia di anni fa. Può essere altro ancora, niente di esotico, il mondo può essere semplicemente la piazza dietro casa, in una tranquilla periferia cittadina. Vecchi muri scrostati e cartelli d’alluminio, l’ombra di alberi cresciuti a stento, insegne al neon e gli amici di sempre. Un’ultima opzione, una riflessione: il mondo raccontato può essere quello interiore. Senza alcun dubbio la categoria dell'esotico è quella più frequentata dai fotografi, professionisti o no, ed altrettanto vero è che la fotografia di viaggio si muove quasi sempre sul limite dello sconfinamento nell'esotico a tutti i costi. Troppo spesso il visibile viene così confuso con lo “spettacolare” che raramente rappresenta il vero. Più difficile invece credere, capire, che è la percezione dell’invisibile, l’operazione creativa ed artistica di rendere tangibile - sonoro - raccontabile - visibile l’invisibile, che crea la buona fotografia, anche quella di viaggio. Le innumerevoli fotografie, quelle proposte dai media o anche solo quelle di un ndimenticabile viaggio nel luogo esotico, oscillano sempre tra realtà e rappresentazione, tra documentazione ed interpretazione. Un’importante distinzione, subito necessaria, è quella tra le belle fotografie e le buone fotografie. Uno degli scopi di chi osserva il mondo anche attraverso l’oculare della macchina fotografica, dovrebbe essere quello di cercare le buone fotografie, quelle che raccontano andando oltre la mera soddisfazione estetica. E’ in queste fotografie, le buone, che si manifesta una dimensione privata dello scatto, una cristallizzazione dei sentimenti in cui autore e osservatore si riconoscono. E’ in queste che la fotografia chiarisce il suo rapporto con il reale, svincolandosi da esso per divenire spazio mentale, immaginario, lirico e visionario. Il fotografo, oltre ai suoi apparati meccanici, alle varie e possibili scelte operabili con la determinazione di un preciso obiettivo, di una pellicola o di un accessorio, innanzitutto antepone alla sua vista le lenti colorate del suo cervello. E’ sicuramente un punto di vista accettabile anche quello di chi ha sostenuto, in nome di un realismo quasi scientifico, che il fotografo deve scattare asetticamente come se non esistesse. Davanti al suo soggetto però il fotografo si trova sempre a dover scegliere tra infinite possibilità: scegliere in armonia con il suo mondo interiore, quell’attimo, non prima, non dopo, che potrà dare la misura della sua visione. Quindi il realismo in fotografia è pur sempre creazione e non piatta riproduzione della realtà, creazione che non indulge nell’autobiografia, nell’accademismo, nel lirismo. Ogni fotografo si esprime a suo modo, basterà variare l’inquadratura, lunghezza focale dell’obiettivo, l’ora di ripresa, emulsioni, filtro, messa a fuoco, esposizione. Per mezzo della tecnica si manifesta un suo stato d’animo scaturito dall’incontro con il soggetto. La fotografia è un linguaggio, un sistema di comunicazione, ma a differenza della scrittura scavalca le barriere linguistiche e a volte anche quelle culturali. Se si afferma che l’arte è la firma dell’uomo, uno stile artistico è la firma di un determinato uomo e una finestra sull’epoca in cui egli là creato. Questo "stile" è determinato essenzialmente dalla personalità di chi lo esprime, in cui si riassumono i dati dell’esperienze di vita, la disponibilità di determinate attrezzature, le conoscenze, il carattere, le idee e le convinzioni di ciascuno. In questo senso, lo stile caratterizza e personalizza il lavoro di un uomo in modo che esso giunge a differenziarsi da ogni altro. Esso però, soprattutto in fotografia, rappresenta un problema notevole: il fatto di ottenere delle immagini mediante un procedimento meccanico comporta una estrema difficoltà a imprimere in esse qualcosa che indichi chiaramente il suo autore. Tuttavia diversi elementi concorrono a facilitare uno stile personale. In primo luogo la storia di ciascuno, con la sua formazione culturale, il suo patrimonio di conoscenze, la sua sensibilità e la sua personalità: questi fattori determinano una “visione del mondo” che conduce in una direzione piuttosto che in un’altra, che lo porta a vedere in un determinato modo e a “sentire” secondo la propria disponibilità. In secondo luogo il presente storico, cioè il momento politico sociale culturale che vissuto con maggiore o minore adesione e spirito critico, determina l’ambiente entro cui nasce e si sviluppa una determinata idea. In questo senso l’approccio ad un soggetto è sempre estremamente personale: si tratta di vedere, all’interno dello strumento di comunicazione, quali momenti servono per tradurre un modo di vedere personale in un modo di esprimersi altrettanto personale. Il modo con cui ci si pone culturalmente di fronte al soggetto, la composizione che delimita, sottolinea enfatizza. La presenza di “second stories” nel fotogramma invece di delimitare rigorosamente il soggetto, l'uso della messa a fuoco "iperfocale o selettiva". E ancora l'uso di ottiche che rendono prospettive estreme, la qualità della postproduzione, immagini morbide piuttosto che dure, la stampa dell’intero fotogramma, tutto questo e tanto d'altro, significa operare delle scelte consone al proprio modo di vedere le cose. E ogni scelta determina delle costanti caratteristiche che possono servire a costituire uno stile, valido sempre, al di là del “genere fotografico”. Detto questo resta un punto centrale, che poi è quello meno considerato dalla massa di chi fotografa: l’idea, il progetto, deve guidare alle scelte tecniche. Eppure, cosa capita? Tanti partono per il "viaggio", quello atteso per una vita, con un misero bagaglio di nozioni su luoghi e popoli che si incontreranno, senza alcuna idea di ciò che vedranno, per giorni e giorni a “caccia “ di soggetti, fotografie di centinaia di singoli momenti, di particolari a prima vista interessanti. Poi tornati a casa si accorgono che c'era molto d'altro, qualcosa che si poteva raccontare. Tutto questo significa anteporre il fare all’idea. Ovviamente, lo stesso fotografo si meraviglia se gli eventuali spettatori non riescono a capire quello che voleva dire. Non bisogna dimenticare che prima si fotografa con la mente. La fotografia può così diventare una verifica di quanto si è sognato, con una serie di chiavi di interpretazioni della realtà. Ma le idee purtroppo non si comprano nei negozi di ottica come gli obiettivi ultraluminosi o i sensori ultrasensili. Occorre cercarsele, con fasi di studio, di riflessione, di approfondimento, da condurre con la lettura, la discussione, il confronto, l’analisi. Faticoso ma tutto ciò rappresenta la base imprescindibile per la riuscita di un discorso. Solo dopo aver studiato a fondo il proprio soggetto, dopo aver chiarito l’idea guida che deve giustificare un certo approccio, dopo esserci lungamente confrontati con essa, dopo aver vissuto, solo dopo questo sarà possibile iniziare a costruire una impalcatura sufficientemente organica che giustifichi il fare. Occorre avere delle idee, dicevo, possibilmente molte. Ma spesso troppe idee rischiano di rivelarsi contrastanti e di creare confusione: occorre dunque scegliere quelle che meglio si adattano allo scopo che si vuole ottenere. Come fare? Evidentemente ciascuno avrà definito un proprio modo di operare. Volendo realizzare un reportage da terre lontane, dove è difficile ritornare, sarà comunque indispensabile fotografare sapendo distinguere soggetti e avvenimenti principali rispetto a quelli accessori, sviluppando a pieno i principali e gli altri come corollario informativo, pronti comunque a cogliere al volo tutte le situazioni che la sorte riserva. Ci sono incontri, visioni, che si possono raccontare con una fotografia e altre che ne richiedono 30. E’ indispensabile prima di mettersi a fotografare, predisporsi uno schema, uno storyboard nel quale ogni idea e ogni momento ha la sua giusta collocazione, dimensione e opportunità. Ordine, proporzione, armonia, nesso logico, unità, chiarezza, concisione, eleganza, sono ingredienti della comunicazione, come le sette note musicali, gli accidenti, le chiavi sono gli ingredienti della musica. E se nella qualità estetica di una fotografia c’è anche l’intensità di uno stile, è vero anche che un rifiuto cosciente dello stile può diventare qualità estetica. Comunque resta il fatto che lo stile ha la sua parte, ma non porta a nessuna conclusione a priori. Alla fine, sarà la somma degli ingredienti opportunamente trattati dal fotografo a determinare il carattere della sua comunicazione. Un processo del genere è implicito, è un’abitudine acquisita, cosciente e soprattutto costante. Si può anche aggiungere che ogni scatto deve avere una giustificazione e deve esprimere qualcosa in modo chiaro, comprensibile a tutti. Occorre che l’immagine proposta sia universalmente comprensibile entro l’ambito della cultura in cui ci si colloca evitando artifici che tendono a porsi al di fuori di un linguaggio universale. L’uso dei mezzi espressivi dovrebbe essere finalizzato alla massima efficacia nei confronti della tipologia di spettatore a cui ci si vuole comunicare. Forme, masse, chiaroscuri, colori, linee, luci ed ombre, toni devono essere armonizzati sia nell’ambito del servizio che in consonanza con il tema affrontato. Oltre tutto ciò importante è la concisione che richiede una fotografia senza fronzoli, la sincerità che è la diretta corrispondenza tra l’animo di chi fotografa e l’idea espressa, l’eleganza che è fatta soprattutto di discrezione, di semplicità, di adesione al tema affrontato, di naturalezza anche di fronte ad interventi operativi ardui. Volendo raccontare un lontano paese si dovrebbe pensare e vedere il territorio naturale, quello industriale, la campagna e i paesi, architetture, centri storici e monumenti, i luoghi della memoria, i luoghi della storia. Tutto questo costituisce la natura fisica delle cose, il prodotto dell’attività umana. Tutto ciò che crediamo per abitudine come realtà è un pretesto per dare visibilità attraverso la fotografia al nostro potere di immaginazione. L’immagine di un vetro rotto fa pensare allo sfacelo di un intero quartiere. Basta poco. La fotografia ricostruisce il visibile solo se noi ne siamo capaci e questo senza regole, se non quelle derivanti dal coinvolgimento con persone e cose. Per dare voce a tutto quanto ci attrae, per trasformarlo in soggetto è necessaria la consapevolezza dello sguardo, la cultura della memoria.

Coscienti, finalmente, che la bellezza, anche quella straordinaria e inquietante, delle cose che ci conquistano e ci commuovono, è sempre, esclusivamente, la proiezione metafisica di quel "bello" misterioso, unico ed irripetibile che, se esiste, abita da sempre dentro di noi.


Se ti è piaciuto scrivimi, per saperne di più spensotti@alice.it

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