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LE STORIE SOGNATE

012.jpgVia Broletto, angolo Via Cusani - Milano 1991

RACCONTARE STORIE...
Avevo 15 anni e sognavo ad occhi aperti, seguendo Alice e i suoi gatti, ascoltando il nuovo disco di De Gregori, cosa che per altro inquietava mia madre che poco capiva quelle liriche. Avevo gli occhi pieni di storie che un giorno forse avrei raccontato, la testa piena di ricordi e sogni, quelli che ti accompagnano sempre. Forse stavo imparando a trovare la mia voce, sicuramente mi è servito a trovare la mia fotografia ed uno stile. Nutritevi di storie se volete raccontare le vostre...

Alice guarda i gatti e i gatti guardano nel sole
Mentre il mondo sta girando senza fretta
Irene al quarto piano è lì tranquilla
E si guarda nello specchio e accende un'altra sigaretta
E Lili Marlene, bella più che mai
Sorride e non ti dice la sua età
Ma tutto questo Alice non lo sa
"Ma io non ci sto più", gridò lo sposo e poi
Tutti pensarono dietro ai cappelli
"Lo sposo è impazzito oppure ha bevuto"
Ma la sposa aspetta un figlio e lui lo sa
Non è così che se ne andrà
[...]
E rimane lì a bagnarsi ancora un po'
E il tram di mezzanotte se ne va
Ma tutto questo Alice non lo sa
Alice guarda i gatti e i gatti girano nel sole
Mentre il sole fa l'amore con la luna
Il mendicante arabo ha qualcosa nel cappello
Ma è convinto che sia un portafortuna
Non ti chiede mai pane o carità
E un posto per dormire non ce l'ha
Ma tutto questo Alice non lo sa

Francesco De Gregori
Alice non lo sa 1973


photo
via Broletto, angolo Via Cusani - Milano 1991
stampa su cartoncino baritato ai sali d'argento

LO SHOCK DEL FAMILIARE

001_7D_3858.jpgEni S.P.A. Park Petroli, Venezia 2021

IL MISTERO DEL MONDO E' IL VISIBILE NON L'INVISIBILE
Paesaggi tramontosi, gattini, modelle desnude, sono le immagini canoniche che ricorrono sui social dei photographers, poster da soggiorno e tazze ricordo. La loro funzione è semplice, non arrivano ai musei ma portano valanghe di "Like", non hanno nulla da rivelare ma sono rassicuranti. Non è facile sorprendere con una foto di un fiore, è già perfetto di suo e studiato a fondo. Se veramente volete stupire il vostro "fruitore", offritegli lo shock del "familiare" un'immagine diversa di un soggetto davanti al quale passa tutti i giorni. C'è la possibilità che non l'abbia mai visto così.

Una fotografia ha bordi, il mondo no.
Penso che i fotografi più seri comprendano che esiste un grande divario tra il mondo e come lo stesso appare attraverso una fotografia.
Stephen Shore


photo:
Eni S.P.A. Park Petroli, Venezia 2021

LA CAMERA CHIARA

chiara.jpg

LA CAMERA CHIARA
Qualche tempo fa un fotografo, per sua ammissione alle prime armi, per spiegarmi il proprio punto di vista sul “fare fotografia” ebbe a citarmi l'immenso Roland Barthes e il famoso volumetto "La Camera Chiara". Mi fece una dotta disquisizione tra il “mi piace e non mi piace”, studium & punctum e la convinzione ferrea che il suo linguaggio fotografico avesse scientifica universalità. Ora probabilmente il nostro non aveva idea che la Camera Chiara è il testo sulla fotografia più riassunto citato, schematizzato e frainteso nel bene e nel male, e questo, di per sé, è già abbastanza ironico se si pensa all’insistenza con cui il suo autore dichiarò di volersi liberare con questo testo dall’approccio sistematico, amorfo e disincarnato, tipico del metodo scientifico. Ora io ammetto la mia ignoranza di “fotografo di provincia”: la camera chiara non è proprio un testo facile, e posso dire in tutta onestà di non averlo ancora capito a fondo dopo 40 anni di riletture! Mai lo citerei! Acquistai la prima edizione del 1980, quella con la foto di Niepce in copertina, e poi avendo prestato il volume, preso da sgomento profondo, corsi ad acquistarne una seconda copia 5 edizione 1989. Ora sono lì a portata di mano i due volumetti che, nonostante le infinite riprese, celano ancora molti segreti. Perché vi racconto questo? Per darvi un modesto consiglio: se da profani volete approcciarvi alla fotografia, che è certamente un fenomeno intimo ed inseparabile dalla sua intensità emotiva, forse varrebbe anche la pena di leggere testi più facili e che sicuramente vi daranno modo di coniugare i fondamenti emotivi con quelli del linguaggio fotografica portando il vostro fare fotografia ad un livello superiore. Ed anche di evitare di citare “ad caxxum” Roland Barthes a ogni piè sospinto. Poi se proprio volete - dovete citare l'immenso Barthes leggetevi "Frammenti di un discorso amoroso" potreste riuscire ad apprendere il lessico dell'innamorato e farne un buon uso...

Due titoli

BRIAN DILG
Perché ti piace questa foto?
La scienza della percezione applicata alla fotografia.
Gribaudo

AUGUSTO PIERONI
Leggere la fotografia.
Osservazione e analisi delle immagini fotografiche
Edizioni Edup

photo:
nella medina della città Sacra
Harar, Ethiopia 2009

DAL CAOS ALLA COMPOSIZIONE DEGLI ELEMENTI VISIVI

LO SGUARDO SUL MONDO:
DAL CAOS ALLA COMPOSIZIONE DEGLI ELEMENTI VISIVI


Cerco ed ho sempre cercato una rappresentazione che risultasse pulita ed interessante senza andare a tutti i costi nel sensazionalismo. Una estetica che fosse legata a contenuti e ad una composizione rigorosa per linee luci ombre piani cromatismi. Questa cosa ha portato molti miei interlocutori a definire la mia fotografia come “reportage classico” Confesso che in molte di queste occasioni mi è parso di comprendere che fosse una critica elegante per definirmi “fotografo vecchio stile”, cosa che poi non ho mai ben capito cosa implicasse! Ora certa è la mia anagrafica ed anche il fatto che io abbia imparato a fotografare studiando il lavoro dei grandi negli anni ’80 del secolo scorso. Uno su tutti Salgado, ad iniziare dai suoi reportage in Africa negli anni ’80, quello sulla Sierra Pelada del 1986... Ora una cosa è sicura: pochi di questi avrebbero il coraggio di definire Salgado “fotografo vecchio stile”, per cui mi domando che senso avesse etichettare uno stile come vecchio o nuovo! C’è la fotografia, la narrativa, il cinema, il teatro… e come si rappresentano e si apprezzano i classici dopo 2000 anni e più si dovrebbe apprezzare anche il “reportage classico” se autoriale e fatto bene. O no? Detto questo anche vero che non mi sono convertito ai paesaggioni iper tecnologici (inflazionati e possibili solo con le nuove attrezzature digitali) stelle + tramonto + notturno e tanto meno alla street photography, anche se riguardando certi miei scatti di 20 anni fa… Ora sicuro è che viviamo un’epoca in cui tutti sono fotographerssss, e per la maggior parte fotografi di paesaggi cartolina o presunti street photographer, e in cui la confusione su cosa sia la buona fotografia è massima. Visto e considerato tutto ciò se mi è permesso darei un consiglio ai molti che vorrebbero fare qualche cosa di buono e che resti nel tempo. Consiglierei di spendere un poco di tempo per studiare la lezione dei “veri” grandi fotografi di paesaggio (Adams, Brandt, Weston, Fontana, Kenna…) e dei “veri” grandi street photographer (Meyerowitz, Friedlander, Winogrand, Gilden, Webb, Gruyaert, Ben Avraham…) La street quella vera non è fatta di immagini sottoesposte di 3 stop tutte ombre e zero soggetti. Tanto per evitare di passare alla storia come street photographer “ad minchiam”…

006_MG_4280.jpg001_MG_7573.jpg006_5D_3208.jpg002_5D_0999.jpg005_MG_7818.jpg003_MG_7041.jpg012.jpgIMG_0020.JPGazalai_001.jpg011Atakpame_Togo_2000.jpgfotoPratica011.jpg

ROLLING PANDAS

ROLLING PANDAS
IL PORTALE DEI VIAGGIATORI


Oggi sono stato intervistato da Rolling Pandas (www.rollingpandas.it) , qui potete leggere la mia intervista in cui ho parlato di viaggi passioni e molto altro...

"Ho viaggiato in più di 50 nazioni in alcune continuo a ritornare da anni, decine di volte. All’inizio fa partivo alla ricerca di mondi segreti per fotografare luoghi e persone celate ai più. Poi col passare del tempo ho avuto una grande intuizione: “La foto di un soggetto eccezionale non è automaticamente una foto eccezionale!” La fotografia è sempre irrimediabilmente infedele al suo soggetto, me ne sono reso conto 25 anni fa nella valle dell’Omo River in Etiopia, fotografando le etnie che li vivono. Mi sono reso conto che stavo “rifacendo” il lavoro che Angela Fisher e Carol Beckwith avevano fatto dieci anni prima. Loro avevano documentato, in modo serio ed elegante, le etnie del Sahara, del Maghreb, del Corno d’Africa; attraverso immagini rigorose che ci illustravano quelle popolazioni presentandoci i loro gioielli, abiti, le decorazioni corporali, le acconciature delle donne e degli uomini. Che senso aveva rifare queste immagini 10 anni dopo? Non si è “Fotografi” se si riproducono le stesse immagini già scattate da altri fotografi, senza attingere dalle proprie esperienze, senza una visione personale, se non si va oltre che al semplice click!"


Leggi il resto dell'intervista

VEDIAMO QUELLO CHE CONOSCIAMO

VEDIAMO QUELLO CHE CONOSCIAMO
FOTOGRAFIAMO QUELLO CHE CONOSCIAMO

Un proverbio africano dice che lo straniero vede solo ciò che già conosce. Affermazione quanto mai vera nel caso di molti turisti-fotografi. Quante volte, nelle proiezioni di amici reduci da un viaggio in un paese “esotico”, abbiamo visto immagini di gente stracciata, vestita all'occidentale o seduta davanti alla televisione intenta a guardare onnipresenti telenovelas? Le fotografie che vediamo (e scattiamo) assomigliano molto di più a quelle viste sui cataloghi che abbiamo sfogliato prima di partire. Per dirla con Crawshaw e Urry, il turismo induce memoria e in un certo modo si appropria della memoria di altri. Così molte delle immagini che consumiamo visivamente sono in realtà il ricordo fissato nella memoria di altri che successivamente viene consumato da noi.
Marco Aime


Metropolitana e skyline a Meskel Square
Addis Ababa - Ethiopia 2019

Voie de degagement Nord a Nord Foire
Dakar - Senegal 2013

Ricevimento di Matrimonio
Addis Ababa - Etiopia 2014

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COSA STO FOTOGRAFANDO?

COSA STO FOTOGRAFANDO?
PERCHÉ STO FOTOGRAFANDO?
PER CHI STO FOTOGRAFANDO?

Se queste tre domande avessero sempre una risposta, ci sarebbero molte meno immagini ma qualche buona fotografia in più.
CitAZIONE Gabriele Chiesa


L’avvento di internet e del digitale ci ha reso “tutti fotografi” ha permesso a tanti che prima di questa rivoluzione non sarebbero stati presi in considerazione, di sentirsi fotografi, autori di un numero inimmaginabile di immagini fruibili ovunque, una produzione inconsapevole e senza senso. Si fotografa senza più studiare, c’è la proliferazione di una fotografia istintiva che è una sorta di analfabetismo diffuso. Impossibile scrivere bene se non conosci la grammatica! Nonostante tutto questo "tutti" convinti di essere creativi e fare foto speciali: nel web, nei social, nei contest, c’è sempre qualcuno che prende gli scatti delle sue vacanze troppo sul serio. Solo in una parte molto ridotta della fotografia che si vede oggi su social web & media sharing si legge un progetto fotografico, un qualcosa che vale la pena di essere raccontato. Il più delle volte sembra di leggere soltanto una sorta di egocentrismo del fotografo: ho fatto una bella foto, quindi sono un bravo fotografo. Ed ancora: l'immaginario del "fotografo" è ormai saturo di inquadrature e soggetti che diventano modelli ideali per le sue fotografie. L’occhio si abitua al cliché: quel soggetto, quella composizione, quei colori. Si viaggia alla ricerca della "location", del luogo famoso, alla ricerca del punto di ripresa più gettonato sul web, sulla guida, sulla rivista. Così, inconsapevolmente, produciamo immagini ripetitive, simili tra loro, immagini noiose.La verità è che parole come creatività, individualità, talento e originalità non si applicano facilmente in un mondo dove chiunque scatta fotografie. La fotografia ha un senso quando trova soggetti davvero originali, quando è la narrazione della "propria, individuale percezione del mondo". La vera arte della fotocamera sta nello svelare qualcosa di nuovo, di personale, di rivelatorio.

WORKSHOP A CHEFCHAOUEN

WORKSHOP A CHEFCHAOUEN
1° EDIZIONE DAL 30 ott AL 4 nov 2017

Chefchaouen è conosciuta come la città blu, tutte le case della sua medina, muri, porte, finestre strade sono colorate di questa tonalità. Situata nella valle del Rif, la regione montuosa del Marocco settentrionale, sconosciuta in europa sino agli anni cinquanta, è tuttora un gioiello nascosto al turismo di massa. Piccole piazze, viottoli lastricati, luoghi di culto e case dipinte di blu con portoni in legno intagliato e cornici di maioliche. Chefchaouen è un piccolo gioiello architettonico dichiarato Patrimonio UNESCO dal 2010. Dal 30 Ottobre al 4 Novembre a Chefchaouen si è tenuto un mio workshop di fotografia, di reportage geografico. Ora è difficile dire se chi partecipa ad un workshop o ad un viaggio fotografico impara a fotografare, difficile precisare cosa e quanto. Di sicuro i tempi scelti per questa esperienza, la presenza di altri fotografi e quella di un Master sono gli strumenti necessari per interpretare il mondo in un modo diverso, per capire il soggetto, vedere la luce, imparare a muoversi nella scena, guidati dal fotografo docente e supportati dal gruppo, ma sempre in modo personale e seguendo le proprie emozioni. Perdersi a guardare è fondamentale, scriveva Mimmo Jodice, il lavoro di gruppo porta i singoli partecipanti a confrontasi con le scelte degli altri compagni dando forma ad un viaggio che contiene tanti viaggi, quelli dei singoli partecipanti, ognuno orientato dalla propria sensibilità e dalle proprie scelte verso la ricerca dello spirito del luogo. Ricerca, preparazione, attenzione per arrivare ad un lavoro caratterizzato da coerenza, contenuti, valore estetico ed originalità: qualità che permettono di raccontare persone, luoghi ed eventi, diventando reportage. In qualsiasi caso questo workshop ha confermato che Chefchaouen è quale meta ideale per shooting molto interessanti, e qui potete ammirare il reportage realizzato a più mani dai partecipanti al workshop: Rosalinda Fedrighini, Luisa Ricci, Marco Murruzzu, Roberto Pileri, Michele Partipilo, Pierfranco Ramone. Dopo questo scontato successo, considerata la bellezza di Chefchaouen e la facilità di girare per la sua medina, ho deciso di riproporre per Marzo 2018 una nuova edizione del workshop. Vi aspetto!

VEDI QUI LA NUOVA EDIZIONE DI MARZO 2018

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TUTTI I TRUCCHI PER FOTO DA VERO PROFESSIONISTA

TUTTI I TRUCCHI PER FOTO DA VERO PROFESSIONISTA

Questo workshop è il distillato della nostra esperienza fotografica. Racchiusi in questo workshop troverai tutti i segreti, i trucchi e le indicazioni che molti non conoscono e che potrebbero dare quel tocco in più alle vostre immagini………

Ecco mi capita a volte di leggere cose come questa sopra: deprimente! Eppure se ci sono manuali, proposte per workshop & corsi, tutorial e quant’altro in cui si citano regole, trucchi e segreti per fotografare meglio vuol ben dire che c'è chi fa fede a questo tipo di "proposta". Facciamo un poco d’ordine, con l’aiuto di un vocabolario!

• con il termine regola si intende una norma prestabilita, per lo più codificata e coordinata con altre in un sistema organico.
• Segreto è ciò che viene tenuto da parte rispetto al pubblico, separato e nascosto agli occhi altrui, senza essere rivelato, senza essere condiviso.
• Si intende per trucco un espediente, artificio, inganno che altera l'aspetto delle cose e fa vedere quello che non c'è.

Ora per quanto attiene la fotografia possiamo dire senza dubbio alcuno che non esistono ne regole ne trucchi & segreti, ma due fondamentali aspetti che sono

IL PRESUPPOSTO TECNICO
DA AFFRONTARE PER LIBERARSENE IMMEDIATAMENTE

Devi conoscere perfettamente il mezzo che hai in mano (macchina fotografica & Co). Dovi conoscere perfettamente cosa stai utilizzando e soprattutto i tuoi limiti e quelli della tua attrezzatura. Ma non solo, devi avere chiara conoscenza della tecnica fotografica di base necessaria a realizzare le “tue immagini” Mi spiego meglio citando Mario Giacomelli: è uno dei fotografi italiani più conosciuti nel mondo, primo degli autori italiani ad essere presentato in mostra al Museum of Modern Art di New York nel 1964
Qui le immagini di Mario Giacomelli
“Io non so cosa hanno gli altri. Io ho una macchina che ho fatto fabbricare, una cosa tutta legata con lo scotch, che perde i pezzi. Io non sono un amante di queste cose. Ho questa da quando ho iniziato, sempre la stessa. Ho smontato un'altra macchina di un amico mio, togliendo tutte le cose inutili. Per me l'importante è che ci sia la distanza e -- cosa c'è d'altro? “

Una “buona” foto con una forte espressività, anche se ha infiniti difetti tecnici e compositivi, può funzionare. Detto questo però non illuderti pensando che:
• tanto la ritocco dopo
• tanto la inquadro meglio in fase di ritocco
• tanto questo lo aggiungo/tolgo dopo

Pensare che tutto si aggiusta dopo, in post produzione, funziona raramente: una foto sbagliata in ripresa, rimane una foto sbaglia e ritoccata. Incidilo sulla tua fotocamera. Avere una buona familiarità con la tua attrezzatura e conoscere i comandi “utili per la tua fotografia” e la loro disposizione, permette di velocizzare la fase di impostazione della fotocamera e ti consente di essere pronto a scattare in minor tempo.

LA CONOSCENZA DEL LINGUAGGIO FOTOGRAFICO
I CONCETTI FONDAMENTALI DELLA COMUNICAZIONE ED IN PARTICOLARE DELLA COMUNICAZIONE VISIVA.

Come in ogni forma di scrittura quello che più conta è il contenuto ed il modo con cui esso viene esposto. Conoscere il linguaggio fotografico non significa soltanto essere al corrente di informazioni tecniche pratiche. Più importante è conoscere gli elementi caratterizzanti un’immagine. Devi essere in grado di fare “ordine nel caos del mondo”: in una frazione di secondo operare scelte consapevoli e soggettive, pensare agli elementi dell’immagine e mettere in atto delle scelte consapevoli. Per questo prima di tutto impara a leggere le immagini degli altri, per poter applicare poi tali scelte operative alle tue immagini. Un suggerimento utile: se conosci i meccanismi fondamentali della scrittura, della comunicazione verbale, potrai meglio approfondire la conoscenza del linguaggio fotografico. Un libro non facile, ma utile, per imparare come funzionano le immagine 'Arte e percezione visiva' di Rudolf Arnheim (GG.Feltrinelli Editore).

L’avvento della fotografia digitale ha indubbiamente portato con se nuove incredibili possibilità, purtroppo questo si è tradotto per lo più con un approccio facile, non verso una ricerca di standard alti, ma verso la produzione di massa di immagini banali e istintive. La risultante è che con il digitale “siamo tutti fotografi”, una massa di fotografi per lo più afflitti da una sorta di “ignoranza fotografica”: si fotografa senza più studiare. Non puoi scrivere se non conosci la grammatica. Non puoi fotografare se non conosci il linguaggio fotografico.

Inoltre questo proliferare di “fotografi istintivi” (l’ho visto, mi piace, scatto), evidenzia un altro aspetto legato non alle conoscenze tecnico – linguistiche, ma ad aspetti più personali, ai motivi per cui si fotografa. La gran parte dei “fotografi” opera senza porsi il problema dall’idea, del progetto fotografico: continua a scattare senza farsi alcuna domanda, senza interrogarsi sul cosa, il come ed il perché. Quello che manca è l’intento di comunicare, con logica e chiarezza, l’idea scelta dal fotografo, attraverso un complesso coerente di immagini fotografiche finalizzate a esprimere la propria idea.

Non più “fotografare” per raccontare la propria visione delle cose, manifestando i propri sentimenti, la propria istanza, ma la sterile ricerca di consenso “on line”, per la condivisione degli “I Like”.

Vuoi altre informazioni in merito? Scrivimi, per saperne di più spensotti@alice.it


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CORSI FOTOGRAFICI ... WORKSHOP FOTOGRAFICI %u2026 VIAGGI FOTOGRAFICI %u2026

CORSI FOTOGRAFICI ... WORKSHOP FOTOGRAFICI … VIAGGI FOTOGRAFICI …

Nelle tante giornate passate assieme ad altri fotografi abbiamo avuto avuto modo di interrogarci in merito alle tante proposte che negli ultimi anni vengono fatte alla “grande famiglia ” dei fotografi, innanzi tutto a chi le fotografie le fa per passione pura, ma anche a chi le fa, in un modo o nell’altro per lavoro. Mi permetto in queste poche righe di dare un modesto contributo per chiarire cosa sia possibile apprendere in un corso, in workshop o in un viaggio fotografico. Innanzi tutto le tre proposte sono caratterizzate da tre diverse logiche, da diverse metodologie e soluzioni “formative“ (e si, è di questo che si parla, di formazione), che hanno fini e obiettivi molto diversi.

Un CORSO FOTOGRAFICO è di norma centrato su di una serie di “lezioni frontali” che hanno l’obiettivo primario di trasferire semplicemente delle informazioni che “attengono alla materia fotografica”, storia, tecnica, composizione, stili etc etc…, ma poco interroga il partecipante in merito al reale “saper fare” fotografico. E’ una buona soluzione per il neofita, economica e rapida, ma serve più a rilevare le proprie lacune che ad aumentare le proprie capacità.

Diverso è partecipare ad un WORKSHOP FOTOGRAFICO dove l’accento è tutto posto sull'aspetto pratico, sul fare in un ambiente “protetto” dove le difficoltà da affrontare per raggiungere l’obiettivo posto siano superabili dai partecipanti. Un workshop non è un vero e proprio corso di fotografia in quanto gli allievi che vi partecipano hanno già delle sufficienti conoscenze di base, perchè hanno seguito un corso specifico o autodidatti, e sfruttano questa occasione per mettere in pratica quanto appreso e verificare il loro operato nel corso di specifici momenti d’aula e nell’analisi delle fotografie realizzate durante gli “shooting fotografici” che i partecipanti, guidati dal docente, vengono chiamati a fare durante il workshop.

Altra cosa ancora è partire per un VIAGGIO FOTOGRAFICO, più o meno lungo, accompagnati da un fotoreporter che si pone in prima persona l’obiettivo di realizzare uno o più reportage fotografici dai paesi visitati: farete un’esperienza unica ed impagabile, vi confronterete sul campo con un professionista al “lavoro”, scatterete nelle sue stesse condizioni operative confrontandovi con dei soggetti fotografici “molto originali”, sarete chiamati ad operare in prima persona, più dei colleghi che degli allievi del vostro fotografo-accompagnatore. Dovrete essere “fotograficamente autonomi” e dedicarvi alla vostra ricerca fotografica sapendo che solo a sera, forse, potrete riflettere con lui su quanto fatto in giornata e per prepararvi per il nuovo lavoro del giorno seguente. Questa scelta ovviamente comporta anche dei compromessi logistici in merito alle comodità del viaggiare, dei cambiamenti imprevedibili di programma, la necessità di condividere frammenti di vita con la gente del luogo. Sarà necessario un certo spirito d'adattamento e d'avventura, la capacità di abbandonarsi ai ritmi della realtà in cui si è ospiti alla ricerca di un’incontro vero, quel tipo di incontro di cui l’antropologo e scrittore Marco Aime parla in molti dei suoi libri. Un’esperienza meno “protetta” di un workshop, ma che può regalare una “vera” esperienza di viaggio in cui vedere aspetti normalmente negati dai viaggi “tutto compreso”.

Se poi parliamo di SPEDIZIONE FOTOGRAFICA la cosa è ancora diversa, di solito è il fotografo che accompagnerà il gruppo, di norma poche unità, che sceglie ed invita altri fotografi interessati al luogo per cui si parte. Nessuna data certa, non una proposta a catalogo di un Tour Operator, ma un programma che si realizza se incontra l’interesse di “quelle persone” che si ritiene siano veramente interessate al viaggio, non alla vacanza, e siano in grado di gestire gli imprevisti che si verificheranno. In questa situazione c’è poco tempo per briefing e lezioni sul campo, si va a fotografare! Bisogna essere “fotograficamente autonomi”, c’è la figura dell’accompagnatore, il fotografo, che ovviamente gestirà la logistica del viaggio, ma l’obbiettivo prioritario per lui, e per i suoi compagni, è quello di realizzare un degno lavoro fotografico. Se poi c’è tempo e non piove nella tenda ci sarà anche la possibilità di fare qualche ragionamento attorno alla fotografia, fatta e vista. Ovviamente dietro ad una SPEDIZIONE FOTOGRAFICA c’è sempre, ed è meglio che ci sia, la Direzione Tecnica di un Tour Operator che lascia carta bianca ad un fotografo di cui si fida.



© photo: Milena Cocco, Sonia Maggioni, Ivonne Cherubini, Luciano Caleffi, Roberto Leoni, Marco Carnovale, Antonio Porcelli, Olga Prokofjeva.

Se ti è piaciuto scrivimi, per saperne di più spensotti@alice.it

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